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Tifosi del Napoli in festa

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COSE mai viste: la lunghissima vigilia di questo scudetto numero 3 a Napoli si è trasformato in uno straordinario moltiplicatore economico. Lo stadio Maradona pieno nonostante non ci fosse alcuna partita. Il pallone girava dentro un altro stadio, lontano più di ottocento chilometri: scherzi del calendario, l’ultima domenica di aprile la grande occasione era stata fallita proprio a Fuorigrotta. Il gol di Dia, un ex elettricista di origine senegalese che ora veste la maglia della Salernitana, aveva costretto al silenzio un popolo che aveva invaso strade e piazze già da due giorni. Tornarono tutti a casa, la festa era stata solo rimandata. Il vantaggio in classifica era troppo largo per lasciare spazio alla sorpresa nella quale non credeva più nessuno in Italia, neppure gli storici rivali, dalla Lazio alla Juventus, alle milanesi, alla Roma. Molti sono tornati, il moltiplicatore vale anche per i viaggi in treno e in aereo.

Sarà stato anche per la concomitanza con una stagione dei ponti particolarmente favorevole, sarà stato per quella voglia di scacciare definitivamente l’incubo Covid che ci aveva costretto tutti agli arresti domiciliari, ma tante presenze non si erano mai contate in città, durante una primavera mai così avara di sole. Il tempo è cambiato ieri, il segno più evidente che la grande attesa era prossima alla fine. Napoli si è impegnata al massimo: i murales alla Sanità si sono trasformati in fantastiche quinte, le scalinate che vivacizzano i percorsi nei vicoli della città sono diventati tricolori degradanti.

Un effetto cromatico assolutamente inedito: non fu assolutamente lo stesso spettacolo 33 anni fa, una vita è passata dall’impresa che chiuse l’età di Maradona, un’epoca che allora già appariva irripetibile. Quando il più forte giocatore del mondo arrivò a Napoli, il 5 luglio del 1984, lo stadio San Paolo si riempì proprio come è successo ieri. C’era Ferlaino a confezionare il grande sogno. Questa volta, anno 2023, Aurelio de Laurentiis ha fatto anche meglio: ha vinto spendendo molto meo dei suoi rivali: il monte ingaggi del Napoli è solo il quinto in Italia, l’estate passata la rinuncia a Koulibaly, Martens, Insigne apparvero una sfida un po’ superba. Il gioiello lo ha scopert0 in Georgia, ha un nome impossibile Kvaratscheila e dei piedi inimitabili. Il problema è stato solo far imparare il nome ai tifosi.

Ha avuto ragione lui, il campione di incassi al tempo dei cinepanettoni di Natale. Il produttore si è ripetuto, ha preso Luciano Spalletti, un regista che aveva solo sfiorato l’oscar dello scudetto italiano, e gli ha commissionato il film che tutti a Napoli avrebbero voluto vedere. Non al cinema, ma allo stadio. E la replica è arrivata. Si ferma così l’interminabile litania dei racconti delle gesta del Divino Diego. La storia va aggiornata, l’eroe oggi è Osimhen, il centravanti che i suoi avversari li lascia per strada. È diventato simbolo della nuova squadra, la mascherina che porta per proteggere il volto è diventata il gadget più gettonato nella grande festa. Le magliette ufficiali sono introvabili, arriveranno negli stores forse tra una settimana. Avrà lo scudetto, la differenza c’è e si vede.


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