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Città impazzita di gioia per lo scudetto

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Il cielo è sempre più azzurro sulla Capitale del Mezzogiorno. Napoli si impone sul potere calcistico del Nord e si consacra a livello internazionale anche nello sport. Adesso qui in Italia e in tutto il mondo che ora sa di azzurro a regnare è Napoli campione.

Calcio, business, economia, turismo. Un mix esplosivo per una città e una regione che è oggi il vero motore del nostro Paese. Tutto meritato, tutto programmato nel tempo e con bilanci societari in ordine rispetto a quelli delle disastrate squadre settentrionali, in primis la Juventus della famiglia Agnelli. E’ la festa nella festa per un riscatto che va ben oltre l’aspetto sportivo. L’azzurro del Napoli inonda le strade di tutto il mondo. La festa tracima e dilaga oltre i confini; si appropria di latitudini lontane e contagia paesi e lingue straniere.  Il tricolore è la gioia indescrivibile per i tifosi partenopei sparsi per il mondo, quelli di prima e seconda generazione, ma anche gli stranieri che, da lontano, si sono appassionati a una favola che fino a un mese fa era soltanto un racconto nostalgico dei tempi in cui Diego Armando Maradona faceva sognare il mondo intero.

I Napoli Club si sono riuniti in Giappone, a Taiwan e in Australia. Non sono mancati i tifosi in strada anche a Times Square, a New York. Da brividi le immagini in rete dalla Grande Mela. Si è spinto oltre ogni aspettativa il quotidiano sportivo francese “L’Equipe” celebrando lo scudetto con un fotomontaggio: in prima pagina Maradona e Osimhen esultano insieme e sotto il titolo «La Resurrection». Sacro e profano del resto descrivono queste giornate di Napoli dove i tifosi hanno portato la festa persino nei cimiteri, con tanto di striscioni «Non sapete che vi siete persi». Il grande traguardo sportivo ha rotto gli argini anche di cerimoniali e understatement diplomatico: nei giorni scorsi il Console Generale degli Stati Uniti, Tracy Roberts Pounds, ha srotolato gli striscioni bianco azzurri indossando la maglia del Napoli.

Una cosa è certa. Napoli ha dimostrato che si può vincere con onestà, alla faccia di chi l’ha sempre etichettata più nera della pece, sotto ogni punto di vista. Senza temere smentite, il presidente Aurelio de Laurentiis è oggi l’orgoglio dell’imprenditoria meridionale, quella sana e concreta, quella della gestione societaria oculata. Allora via libera al meritato e sacrosanto “sfogo”: anche nelle piazze la tifoseria ha mostrato grande entusiasmo con tanto di senso di responsabilità e civiltà. E così dopo una festa durata praticamente tutta la notte per giocatori e staff del Napoli all’hotel “Là di Moret” di Udine, sede del ritiro degli azzurri durante la trasferta in Friuli, la squadra partenopea è partita dal Trieste Airport per rientrare in Campania nel pomeriggio di ieri.

Niente atterraggio a Capodichino per evitare di creare caos e problemi al traffico aereo ma alle 16 appuntamento all’aeroporto militare di Grazzanise, nel Casertano. E’ un delirio azzurro. Un’accoglienza calorosa e colorata da parte dei tifosi per la squadra che poi in pullman è arrivata al centro sportivo di Castel Volturno. Anche qui migliaia di tifosi hanno abbracciato gli azzurri tra applausi, cori e sfottò nei confronti di Juventus e Salernitana.   Poco prima dell’arrivo del bus con i calciatori è giunto l’allenatore Luciano Spalletti, che a bordo di un pullmino prendeva con un telefonino l’esultanza dei tifosi.

Una festa, quella del terzo scudetto che proseguirà fino a domenica e probabilmente non si fermerà fino al prossimo 4 giugno quando è previsto l’ultimo turno di campionato in casa con la Sampdoria. Poi sarà una estate caldissima, prima con il ritiro a Dimaro e a seguire a Castel di Sangro, con un calciomercato che potrebbe regalare nuovi colpi ma anche qualche cessione eccellente. De Laurentiis ha compiuto un vero e proprio miracolo regalando ai tifosi azzurri una gioia attesa 33 anni. E non ha intenzione di fermarsi.

«E’ il coronamento di un’aspettativa che durava da 32 anni. Quando sono arrivato ho detto: ci vorranno dieci anni per arrivare in Europa. La promessa è stata mantenuta in anticipo. Poi altri dieci anni per vincere lo scudetto, e anche questo in anticipo. Adesso ci manca di rivincerlo, rivincerlo e rivincerlo. Poi ci manca la Champions» ha sottolineato il presidente azzurro. Lo scudetto al Napoli «allarga i confini del calcio, dal 2001 con la Roma non vinceva una squadra del Sud», secondo l’analisi di Adriano Galliani, ad del Monza, all’uscita dall’hotel Gallia di Milano ieri dopo l’assemblea di Lega Serie A aggiungendo poi che «questo fa bene ai diritti tv, l’ideale per me è che ogni anno vinca una squadra diversa».

LA SQUADRA DEI RECORD

Miglior attacco con 69 gol, miglior difesa con 23 reti al passivo. Lo scudetto del Napoli è tutto in questi ed altri numeri da favola, che fotografano al meglio la cavalcata trionfare dei ragazzi di Luciano Spalletti. E a proposito di numeri e record, con la conquista del titolo di campione d’Italia  il Napoli eguaglia il primato di Torino, Fiorentina, Inter e Juventus per aver chiuso il discorso Scudetto con 5 turni di anticipo sulla fine del campionato. Certo, il Napoli non riuscirà a battere il record dei 102 punti della Juventus di Antonio Conte ma i suoi numeri indicano un dominio assoluto del campionato a partire dagli oltre 16 punti di vantaggio sulla seconda. Non solo, la squadra di Spalletti ha ottenuto anche un numero di vittorie record (ben 25) a questo punto del campionato, con il minor numero di sconfitte, soltanto 3. Per quanto riguarda le statistiche individuali, due i protagonisti assoluti di questa fantastica cavalcata: Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia. Il bomber nigeriano è il capocannoniere del campionato con 22 gol segnati. L’ala georgiana è invece il miglior assistman, unico in doppia cifra a quota 10 (con 12 reti).

LA MENTE DEL TRICOLORE

Si sono piaciuti a prima vista e hanno attraversato insieme le paludi di stagioni complicate, lavorando in sinergia e facendo leva sul concetto di solidità al servizio di un’idea, la vittoria. Aurelio de Laurentiis, il patron amato e odiato con la stessa feroce intensità, e Cristiano Giuntoli, il direttore sportivo che ha reso possibili i sogni con una campagna acquisti da fenomeno che ha fatto scuola, sono i pilastri della favola azzurra. Il loro “matrimonio” calcistico si consuma nell’estate del 2015, quella delle ‘rivoluzioni’ in casa partenopea dopo l’addio del tecnico Rafa Benitez che diede una prima impronta di personalità alla squadra. Arrivarono insieme due toscani, Maurizio Sarri e appunto Giuntoli, reduce dalla esperienza al Carpi che contribuì a portare dalla C alla A. Il giovane dirigente fiorentino fu subito messo da De Laurentiis a dirigere l’area tecnica e iniziò a gestire una convivenza non facile, puntando a valorizzare e rendere concreto un principio unico, lo stesso che espresse nell’aula magna di Coverciano lo scorso dicembre agli allievi del corso di direttore sportivo.

“Vi invito ad osare a fare e di non fermarsi, pensando che certe dinamiche siano sopra il nostro ruoli”. Lui ha osato avendo la piena fiducia del presidente che su di lui aveva osato. E dopo un paio di stagioni ha iniziato a muoversi con coraggio e lungimiranza portando a Napoli Lozano, Meret e Lobotka e la scorsa estate ha messo insieme due colpi da maestro, a cominciare da Kvaratskhelia, preso per 10 milioni, un terzo rispetto a quanto gli era stato chiesto due anni prima, e poi il coreano Kim, il sostituto di Koulibaly. Ma il super affare era stato l’acquisto di Victor Osimhen, punta di diamante presa dal Lilla per 70 milioni nell’estate del 2020 durante il lockdown di tre anni fa, quando in panchina c’era il calabrese Rino Gattuso. Gli otto anni tra Adl e Giuntoli sono state vissuti intensamente e pericolosamente, anche a livello di empatia. E il tempo ha cementato quel rapporto che due stagioni sembrava scricchiolare dopo aver perso la qualificazione Champions per due punti. La struttura dirigenziale allora non venne modificata e la corsa verso la gloria non si arrestò. Il sodalizio con De Laurentiis in verità non venne scalfito neanche al ‘terremoto’ del 2015 quando apparvero striscioni inequivocabili di una tifoseria scontenta di un mercato considerato ‘low budget’ .

Ora a Napoli non vogliono che il ds, stordito da mille sirene, passi la mano attratto da altri club da budget e ambizioni ‘oversize’. Forte della qualità dei suoi acquisti mirati e ben remunerati senza oltrepassare i limiti, fu proprio Giuntoli a difendere il presidente nell’estate scorsa, quando il patron venne accusato di non amare la città e di trasformare i tifosi in consumatori. E sono di neanche il marzo scorso altri striscioni in cui Adl veniva definito un ‘buffone’ dopo il suo ennesimo sfogo in cui esternò il proprio pensiero sulle frange violente del tifo a ogni latitudine definendoli dei reietti ed invocare la legge Thatcher dopo gli scontri tra i tifosi in Curva B nella sfida contro il Milan. Alla fine è stato il patron, contestato il caro biglietti e il regolamento che nega bandiere e tamburi all’interno della gradinata, a vincere anche questa battaglia interna di posizionamento e di logoramento. Togliendosi i suoi sassolini dalla scarpe: «Il segreto del successo? Saper fare mercato, non avere alcuna difficoltà a levare le pecore nere. Perché molto spesso uno crede di dover arrivare a vendere o piazzare. Uno può anche arrivare a scadenza contrattuale. Se tu non ti sei mai sentito partenopeo e di colore azzurro è bene che tu vada da qualche altra parte». Compattezza, unità, solidità sempre in nome della passione e del business. La coppia vincente adesso si gode all’ombra del Vesuvio il proprio capolavoro.

Giuntoli, che segnalò nei report a De Laurentiis i limiti della gestione di Carlo Ancelotti (altra tappa di un sodalizio solido che punta al bene della squadra), entra nella storia del club come Pierpaolo Marino, ingaggiato da Corrado Ferlaino nel 1985 su indicazione di Italo Allodi e il dg Luciano Moggi che firmò i successivi trionfi del Napoli. De Laurentiis, che prese il Napoli nel 2004 in C dopo il fallimento riportandolo in A in tre stagioni, al 19esimo anno ha raggiunto il grande traguardo.

LA NUOVA ERA DI NAPOLI

Napoli sta vivendo una nuova era, una rinascita dal punto di vista culturale, turistico e calcistico. «Questo scudetto del Napoli arriva a consacrare la città più bella e vivibile al mondo. E lo dice uno che con l’Orchestra italiana ha girato tutto il mondo – ha raccontato a LaPresse Renzo Arbore – Finalmente è tornata la consapevolezza delle tradizioni di Napoli, dall’eleganza della moda alle ricette, per non parlare di ‘O Sole Mio che è la canzone più bella del mondo, più di Summertime e di quelle dei Beatles. Lo scudetto è il fiore all’occhiello di questa riscoperta della città, uno sdoganamento della Napoli delle tradizioni. Lo scudetto è la scintilla della fiammata a coronamento dei successi delle fiction scritte da Maurizio De Giovanni, il teatro in diretta di Vincenzo Salemme, Peppe Barra, gli sforzi della Rai di Napoli, i successi di Bar Stella con Stefano De Martino, Mare Fuori che nel mondo ha rimpiazzato Gomorra, la street food napoletana, Nino D’Angelo e Gigi D’Alessio, il successo del Teatro della canzone napoletana Trianon di Marisa Laurito con Tosca che ha fatto un concerto straordinario su Roberto Murolo».

Ma Arbore è l’artefice anche della fede partenopea di Mara Venier. «Sono diventata tifosa del Napoli per merito di Renzo Arbore – ha rivelato la conduttrice – l’amore per questa meravigliosa città ce l’ho nel cuore fin da bambina, da quando mia madre mi faceva ascoltare tutte le canzoni napoletane. Con Renzo e Luciano De Crescenzo ricordo la felicità delle feste per il precedente scudetto». Anche Serena Autieri fa riferimento al momento magico: «Non solo nel calcio anche nel turismo. La squadra è stata costruita per vincere. Quale canzone canterei a Spalletti e agli artefici dello scudetto? Sicuramente ‘O surdato ‘nnammurato. Lo farei in piazza e cantando tutta la notte».

OCCHIO ALLA CABALA

Ma nella città della Smorfia, sono tanti anche i numeri che si incrociano con le curiosità e i ‘corsi e ricorsi storici’ per citare Giambattista Vico. A partire dal fatto che lo scudetto 33 anni dopo l’ultimo nel 1990. E proprio il 33 è uno dei numeri più giocati dagli appassionati del Lotto, a caccia di quello che potrebbe passare alla storia come ‘il terno dello Scudetto’. Gli altri numeri più giocati sono ovviamente il 3, legato al discorso del terzo scudetto del Napoli, e il 18, che viene giocato perché tanti sono gli anni di presidenza del patron Aurelio De Laurentiis. Altri numeri giocati sono il 23 legato all’anno del trionfo azzurro, il 2023. Infine non possono mancare i numeri di maglia dei calciatori simbolo del presente e del passato: si va quindi dal 77 di Kvaratskhelia, al 9 di Osimhen, senza mai dimenticare il 10 dell’eterno Diego Armando Maradona. Insomma, anche se il calcio non è una scienza esatta, la matematica non è un’opinione e tutti i numeri dicono che questo Napoli è davvero da Scudetto.


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