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Maurizio Mastrorilli titolare del Gola Bistrot

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Sos è il nome dell’iniziativa. Unione dei ristoratori pugliesi è quello degli organizzatori che sotto un’unica sigla provano a mettere assieme tutti gli operatori pugliesi. Questa sera all’Anche Cinema di Bari si ritroveranno per un confronto con le istituzioni sui problemi del settore dovuti alla pandemica Covid, alle chiusure, al rincaro delle bollette energetiche e dei prezzi delle materie prime. Maurizio Mastrorilli titolare del Gola Bistrot del capoluogo farà gli onori di casa presentando l’incontro e accogliendo rappresentanti di Governo, Regione e Anci.

Le conseguenze della pandemia, la situazione debitoria, il rincaro delle utenze. Da dove partirete?
«Dal lavoro e dal ripensare il settore che ha subito danni collaterali pesantissimi. Con la Regione e le altre istituzioni vogliamo collaborare in questo senso. Abbiamo prima di tutto una grande difficoltà a trovare risorse umane. Un problema enorme, dovuto al fatto che la nostra è stata classificata in questi due anni categorie non essenziale, non necessaria, con le ripetute chiusure. Questo ci ha resi precari, tutti i dipendenti del settore si sono visti mancare la terra sotto i piedi, con una cassa integrazione al 50 per cento, che arrivava in ritardo, quando arrivava, hanno cercato di trovare occupazioni più stabili. È lo sbocco principale è stato quella della grande distribuzione, del mercato immobiliare e dell’edilizia. Il mio chef, che reputo tra i migliori a Bari, ha provato a fare il concorso nella polizia locale».

Come si potrebbe invertire la tendenza?
«Durante il lockdown tutti abbiamo colto la differenza della qualità della vita, abbiamo apprezzato il poter tornare la sera a casa a vedere una fiction sul divano, avere la possibilità di giocare con i propri figli, cose che per noi non esistevano. Un lavoratore in media prende poco più di 1.200 euro, con una vita fatta di sacrifici, a volte sfruttamento. Con un lavoro normale avremmo una qualità diversa. Per questo c’è bisogno della riforma del lavoro, promuovendo la bellezza del contatto umano, della conoscenza dell’enogastronomia, del rapporto coi turisti: tutto questo andrebbe fatto apprezzare».

In che modo può avvenire?
«Con campagne di comunicazione che mettano al centro il valore della ristorazione e dell’enogastronomia, il collegamento con l’agroalimentare di qualità a chilometro zero, come già accaduto con progetti di successo in passato. E poi con strumenti di formazione per i quali gioca un ruolo importante la Regione. Servono percorsi formativi nei quali veniamo coinvolti. I nostri chef e i nostri dipendenti sono in grado di far imparare il mestiere in un percorso che garantiamo abbia un risultato finale con l’assunzione. Ci sono poi altre soluzioni come il modello americano».

In che consiste?
«Nel legare il risultato dell’azienda a delle premialità, per coinvolgere tutti. Oltre alla paga base si prevedono ulteriori soldi in busta paga, se le cose vanno bene, non tassati. Può servire a far crescere le aziende e i lavoratori».

C’entra il Reddito di cittadinanza in tutto ciò?
«Relativamente. È una misura che ritengo necessaria nella nostra società. Ma va sicuramente regolamentata meglio per evitare storture, provando magari a formare lavorando chi lo percepisce».

Che altro serve al vostro settore?
«Fare rete tra noi, per lo scambio di informazioni e per abbattere i costi. È un passaggio difficile ma necessario per riuscire a sopravvivere e pensare a un futuro sereno».

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