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Una delle sedi di Natuzzi

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Due opzioni per il rilancio del gruppo Natuzzi. L’azienda murgiana ha presentato ai sindacati e al Mise il nuovo piano industriale 2022-2026, un progetto che sembra aver convinto i rappresentanti dei lavoratori ma che è «aperto», in quanto contiene due opzioni. Una prevede 512 esuberi, la produzione su tre turni e su soli tre stabilimenti, con l’esclusione, ad esempio, di Graviscella, ma questa è la soluzione al momento accantonata.

L’altra, che sta invece prendendo piede, prevede la riapertura dello stabilimento di Ginosa, con la produzione in cinque stabilimenti e tutta una serie di misure per ridurre al minimo le conseguenze occupazionali. Nel piano c’è infatti la dichiarazione, in questo caso, di 315 esuberi, dovuti al costo di trasformazione del prodotto che in Italia è più alto rispetto agli altri Paesi europei e alla necessità di un maggiore efficientamento, come previsto da nuovo piano industriale.

Sugli esuberi ci sarebbe l’impegno da parte dell’azienda a gestire il personale in eccesso «in maniera non traumatica attraverso una mix di strumenti, come il contratto di espansione, il ricorso al part time, le politiche attive per il reimpiego, gli accordi di ricollocazione, gli incentivi all’esodo, il contratto di rete di solidarietà, il rientro di parte delle attività oggi in Romania», spiega Fabrizio Pascucci della Feneal Uil.

Per i segretari nazionali di Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, Pascucci, Claudio Sottile, Tatiana Fazi, «il piano industriale pone le basi per un rilancio». «Il Piano – spiegano – prevede che la produzione venga fatta su due turni e su cinque stabilimenti: Jesce 1, Jesce 2, Laterza, Graviscella e Ginosa. Quest’ultimo verrà quindi riaperto, come avevamo chiesto da tempo.

Nello stabilimento della Martella, invece, resterebbe il polo logistico, mentre il laboratorio della sede centrale di Santeramo in Colle, in provincia di Bari, continuerebbe ad ospitare i corsi di formazione specialistica per i lavoratori. Ai vertici del gruppo – proseguono Pascucci, Sottile, Fazi – abbiamo chiesto ulteriori approfondimenti sui dettagli del piano industriale, anche alla luce delle dichiarazioni di Invitalia sulla completa approvazione del finanziamento legato al Piano stesso».

Nei prossimi giorni ci saranno una serie di incontri di approfondimento «ma riteniamo che ci siano le basi per un rilancio dell’azienda, dopo un lunghissimo periodo di crisi. Scartata invece l’altra opzione prevista dal Piano industriale – concludono i segretari nazionali di Feneal, Filca, Fillea – perchè oltre ad indicare un numero superiore di esuberi, 512, conteneva condizioni di più difficile gestione, la produzione su tre turni e su soli tre stabilimenti, con l’esclusione ad esempio di Graviscella, su cui invece sono stati fatti investimenti importanti nei mesi scorsi».

Nel secondo trimestre 2021 l’azienda barese è riuscita a contenere il peso delle spese operative sui ricavi rispetto a un anno prima. Il loro impatto nel periodo è sceso dal 38,7% del secondo trimestre 2020 (per complessivi 23,8 milioni di euro) al 34,8% (per 37,7 milioni; nel 2Q 2019 valevano il 33,5%). Parallelamente, è però aumentata l’incidenza dei costi per il trasporto sui ricavi, che nel trimestre è stata del 12,9% (contro l’8,8% del secondo trimestre 2020 e il 9,2% dello stesso periodo nel 2019), principalmente «per un aumento del costo dello shipping».

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