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POTENZA – Ingoiare il rospo e rimettere mano alla giunta nominata appena 10 giorni fa (LEGGI), per evitare la fine anticipata della legislatura regionale e il ritorno al voto.

E’ un’opzione praticamente obbligata quella che stamane, a Roma, verrà sottoposta al governatore Vito Bardi dai vertici regionali dei partiti della sua non-più-maggioranza. Vale a dire i parlamentari leghisti Roberto Marti e Pasquale Pepe, il sottosegretario forzista Giuseppe Moles, e il consigliere regionale meloniano Piergiorgio Quarto.

Ad attendere l’esito dell’incontro capitolino c’è anche il presidente del Consiglio regionale, Carmine Cicala, che a ieri non aveva ancora convocato la riunione dei capigruppo del parlamentino lucano per fissare una data per la discussione della mozione di sfiducia presentata venerdì scorso da Movimento 5 stelle e Partito democratico. Mozione che da Statuto andrebbe portata in aula entro lunedì prossimo, quando ai voti dei 5 consiglieri giallo-rossi, Carmela Carlucci, Roberto Cifarelli, Gianni Leggieri, Gianni Perrino e Marcello Pittella, dovrebbero aggiungersi, a meno di sorprese, quelli dell’ex candidato governatore del centrosinistra Carlo Trerotola, e dei renziani Luca Braia e Mario Polese.

Ma, soprattutto, quelli dei 3 Fratelli d’Italia, Quarto, Tommaso Coviello e il nuovo arrivato Rocco Leone, passati all’opposizione all’indomani dell’estromissione dalla giunta del Bardi bis. Con la mancata conferma, come assessore, di Gianni Rosa, indicato dai vertici meloniani, e dell’ex forzista Leone, che per questo ha abbandonato anche il suo vecchio partito. Undici voti su ventuno, che farebbero scattare le dimissioni obbligate della giunta e lo scioglimento anticipato del Consiglio.

Per evitare questa prospettiva, quindi, è probabile che oggi stesso il governatore e i referenti della coalizione uscita vincitrice dalle elezioni del 2019 esplorino le varie possibilità sul tavolo per recuperare l’accordo stretto a dicembre dello stesso Bardi con Giorgia Meloni in persona. Accordo che prevedeva l’ingresso in giunta di un secondo assessore meloniano in luogo di uno dei due forzisti.

Recuperare i 3 voti di Quarto, Coviello e Leone, in pratica, potrebbe voler dire cedere ai meloniani almeno uno tra gli assessorati appena assegnati ai forzisti Donato Bellettieri e Vincenzo Acito, vale a dire Attività produttive e Ambiente, e quello finito al transfuga Vincenzo Baldassarre, tornato “battitore libero” dopo un annetto in FdI e asceso in giunta in quota “partito del presidente”.

Difficile fare previsioni, però, sui nomi che verranno sottoposti al governatore dai fedelissimi di Meloni, che 3 anni fa elessero in Consiglio regionale il solo Giovanni Vizziello, recentemente transitato nella Lega, e poi hanno accolto nel loro gruppo consiliare proprio un ex leghista, Coviello, il civico Quarto e l’ex forzista Leone.

Da considerare, infatti, c’è sempre la legge elettorale che prevede la sostituzione dei consiglieri regionali nominati assessori, in aula, col primo dei non eletti nelle liste di provenienza. Per evitare di sottrarre peso al proprio gruppo consiliare a favore di Lega e Forza Italia, quindi, è probabile che l’indicazione resterà quella di uno o due “esterni”, come Rosa o l’ex parlamentare Cosimo Latronico.
Discorso diverso, invece, se i leghisti dovessero decidere, per favorire l’accordo, di sacrificare le aspirazioni a un secondo mandato del loro presidente del Consiglio regionale, Carmine Cicala, e dell’ala materana del partito, composta da Vizziello e Pasquale Cariello, che pure ambiscono alla medesima postazione.

A questo punto sì che la partita potrebbe aprirsi alla designazione di 1 dei 3 consiglieri meloniani. Ma è chiaro che tra il rischio di perdere il voto del solo Baldassarre, che riprenderebbe il posto in Consiglio appena ceduto a Daniele Di Ioia, e quello di inimicarsi una parte importante del Carroccio, che di voti in aula ne conta 6, il governatore potrebbe essere indotto a preferire il primo. Stesso motivo per cui in un Bardi ter dovrebbero essere confermati anche i 2 leghisti già presenti nella prima giunta guidata dal generale: Francesco Fanelli e Donatella Merra.

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