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Il manifesto di Libera che invita al presidio silenzioso di domani

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POTENZA – Di nuovo di nascosto. Il 2 novembre alle 7.30, nella chiesa della Trinità riaperta lo scorso 24 agosto, è stata celebrata la prima messa. Non annunciata, forse rivolta a pochi intimi. Perché il vescovo di Potenza, Salvatore Ligorio, si era preoccupato di comunicare nei giorni scorsi luoghi e orari delle funzioni previste nella giornata di commemorazione dei defunti. Ma in quella comunicazione non si fa il minimo accenno alla funzione che sarebbe stata celebrata alla Trinità.

Perché non comunicarlo alla comunità se per la diocesi era una funzione come un’altra? E’ chiaro che quella alla Trinità non è una funzione come un’altra. E il vescovo lo sa bene. E’ evidente che, non comunicando l’orario della funzione, si voleva evitare il polverone di polemiche che inevitabilmente si sarebbe alzato. E così si è scelto nuovamente di fare tutto in silenzio, di nascosto. E con quella funzione si “torna alla normalità”: «La funzione in questa chiesa – fa sapere la diocesi al Tg3 – sarà celebrata alle 7.30 del mattino tutti i giorni feriali, nell’ambito della riorganizzazione pastorale delle parrocchie del centro storico». Capitolo chiuso. La Chiesa non discute, decide. E non deve dare alcuna spiegazione.

Il vescovo Ligorio, uscente per motivi di età, mette così la parole “fine” alla vicenda, come se il fatto che nel sottotetto di quella chiesa sia stato trovato il cadavere di Elisa non rivestisse alcuna importanza. E come se poco importante fosse la necessità di riappacificarla una comunità, non dividerla ulteriormente.

E che la città sia divisa il vescovo lo sa bene, lo ha comunicato lui stesso a Papa Francesco in un incontro a cui il Pontefice fa riferimento in una delle due missive scritte prima della riapertura di agosto. Al vescovo il Papa invia i suoi ringraziamenti «per quanto mi ha confidato circa la tragica vicenda della giovane Elisa Claps, che ha segnato con una ferita indelebile la storia della città. Al riguardo, la Comunità diocesana è chiamata a offrire la sua vicinanza ai familiari della ragazza, offrendo loro una presenza tenera e discreta, un ascolto amorevole e un dialogo attento, cosicché il comune impegno nel sostenere la prova e la preghiera fiduciosa possano favorire cammini di riconciliazione e di guarigione». Ma questo modo di agire è mostrare «una presenza tenera e discreta»?

Il Papa, sempre nella stessa lettera, ricorda che «è importante che la Chiesa della Trinità, avendo cura di custodire la memoria di Elisa ed evitando celebrazioni liturgiche di carattere festoso, diventi un luogo per la preghiera silenziosa, l’Adorazione, la ricerca del conforto interiore e spirituale, e per la promozione di una serena riflessione sulla sacralità della vita».

Un percorso, quello indicato dal Papa, che lascia degli spazi aperti: evitare le “celebrazioni di carattere festoso” non significa non poter celebrare messa, soprattutto se si commemorano i defunti. Ma ciò che con questo gesto “a sorpresa” sembrano non voler capire i vertici della diocesi è che quella non è più una chiesa come un’altra. Non lo sarà più. Ed è per questo che anche una celebrazione che è normale in un altro luogo, da quell’altare assume un altro significato. Significa voler ignorare, con arroganza, una ferita che spacca la città in due.

«Si sono mossi nell’ombra il 24 agosto scorso quando hanno riaperto le loro porte – commenta il presidio di Libera Potenza – continuano ad agire nel buio e nel silenzio ancora una volta. Incatenati alla loro protervia, ostaggio della loro stessa indifferenza». E Libera annuncia per domani alle 9.30 un presidio silenzioso «in occasione della celebrazione della prima messa domenicale nella chiesa che fu sepolcro per 17 lunghissimi anni di Elisa».

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Sono passati 30 anni dalla morte di Elisa, ma nella chiesa potentina sembra essere rimasto tutto uguale. La stessa indifferenza mostrata allora da don Mimì alla famiglia Claps caratterizza anche questi anni. E fa tristezza osservare come sembra non esserci alcuna considerazione della gravità di quanto è successo. C’era tutta questa fretta di aprire, di tornare alla normalità? Verrà dato al vescovo il premio di risultato per aver raggiunto l’obiettivo prima della chiusura del suo mandato? Ovviamente no.

E la cosa di cui forse la diocesi non si accorge è che questo atteggiamento avvertito inevitabilmente come arrogante, sta allontanando tanti giovani. Perché nel trentennale della morte di Elisa, tra serie televisiva, podcast e libri, tanti ragazzini che oggi hanno l’età di Elisa si chiedono perché continuare a ferire ancora una famiglia che tanto ha sofferto. E si potrà obiettare che la Chiesa non può farsi condizionare. E anche quello è vero, non si può obbligare la Chiesa ad agire in base all’emozione, allo sgomento e alla rabbia che stanno crescendo non solo a Potenza ma in tutto il Paese dopo la ricostruzione della tragica vicenda di Elisa.

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Solo che quella storia non è una fiction. Elisa era una ragazza vera, la sua morte è una cosa vera, l’occultamento del suo cadavere è una cosa concreta. Per anni quel sottotetto è stato per davvero la sua tomba e la vita di una famiglia è stata davvero stravolta e straziata da quell’assenza. E far finta che tutto questo non sia accaduto, allontana la Chiesa da questi ragazzi ancora e ancora.

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