X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

Caso Claps, il commento sconsolato del prete sull’annunciata riapertura della chiesa dito puntato contro le «caste» che hanno prevalso «sulle ragioni del dolore»

LA sempre più vicina riapertura della chiesa della Trinità, nel cui sottotetto è stato trovato il corpo di Elisa Claps, continua a generare un senso di sgomento in città. E dopo la lettera di papa Francesco, che invita il vescovo a trasformare quella chiesa in un luogo di preghiera per Elisa, evitando eventi festosi, don Marcello Cozzi dà voce a quel senso di smarrimento da tanti avvertito. Riceviamo e pubblichiamo.


Avete vinto voi.
Avete vinto voi che quella mattina del 12 settembre costruiste quell’orribile sepolcro al cadavere della povera Elisa. Avete vinto voi che con mille espedienti e sotterfugi riusciste a far deviare e a depistare le indagini. Avete vinto voi che siete stati bravi a coprire per almeno diciassette anni le responsabilità dell’assassino. E avete vinto anche voi che alla fine avete restituito – certo – Elisa all’abbraccio della sua famiglia, ma come se fosse stato un cagnolino ritrovato quasi per caso.

Avete vinto tutti voi, chiunque voi siate, qualunque sia il mondo a cui appartenete e qualunque sia il ruolo sociale o istituzionale dietro cui vi nascondete. Avete vinto perché i vostri nomi e i vostri volti non potremo mai dirli ad alta voce o non li conosceremo mai, perché siete stati bravi a far prevalere le ragioni delle vostre rispettive caste sulle ragioni del dolore, perché il vostro anonimato è riuscito a convincere tanti che una responsabilità c’è solo quando c’è una sentenza, ed infine perché la disputa dolorosa sulla riapertura di quella chiesa si è trasformata, nostro malgrado, in una micidiale arma di distrazione di massa.

Noi qui a dividerci in fazioni, mentre lì, dietro le quinte, nell’ombra, come sempre è accaduto in questi trent’anni, chissà quanti ad osservare in silenzio, con cinica soddisfazione, perché ormai nessuno più guarda nella loro direzione. Avete vinto, dunque, e per questo siete tutti colpevoli. Chiedo perdono alla mia città perché dinanzi alle superficiali semplificazioni e alle colpevoli generalizzazioni non ho saputo gridare abbastanza che in questa storia il silenzio di tanti preti può aver certamente significato un’assenza ma non necessariamente complicità, omertà e connivenza.

Chiedo perdono ai miei confratelli preti, perché non sono stato bravo a spiegargli i dettagli scomodi di questa triste vicenda, da dove nasce quella indubbia terribile, fondata e legittima ombra di sospetto che si è addensata su qualcuno fra noi e perché ad un certo punto il dolore della famiglia di Elisa si è trasformato in lecita rabbia e ostilità. Chiedo perdono alla famiglia di Elisa perché non ho saputo affermare il primato del loro dolore dinanzi a qualunque altra motivazione, e non ho saputo neanche annunciare il vangelo per il quale quel primato è sempre “terra sacra dinanzi a cui togliersi i calzari”.

Credo nella chiesa della SS. Trinità come luogo nel quale “custodendo la memoria di Elisa” in modo “non festoso” ma “silenzioso”, come ha detto Francesco, si possano porre i segni della fede cristiana e i segni laici di “promozione della vita” per restituirla alla celebrazione della speranza piuttosto che ad un museo di morte. Cara Elisa, ti prego, favoriscili tu quei “cammini di riconciliazione e di guarigione” che auspica Francesco, perché noi da soli quaggiù non ce la facciamo, e getta tu un ponte fra le due sponde di questa unica grande ferita sanguinante, perché io sono stato incapace.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE