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Nicola Fiorita festeggia la vittoria al ballottaggio nel giugno 2022

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Nicola Fiorita, classe ’69, sindaco di Catanzaro. Un uomo di sinistra senza tessere, ha sempre fatto e visto politica anche in famiglia, è figlio di un sindaco della città, come Giuseppe Falcomatà a Reggio Calabria. Professore di Diritto Ecclesiastico al campus di Arcavacata, ex presidente regionale di Slow Food, fondatore della sezione di Libera, scrittore del Collettivo “Lou Palanca”, ha vinto le elezioni alla guida un movimento che si chiama “Cambiavento”, nome che sta benissimo in questo colloquio, visto che parleremo anche di eolico.

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Nella recente classifica sulla Qualità della Vita del “Sole 24 Ore” Catanzaro è novantunesima, prima delle cinque calabresi, condannate da sempre all’ultimità. In più, il Catanzaro esprime un gioco scintillante in serie B dopo una promozione record. Piccoli grandi segnali che possono far cambiare umore a una città fortemente identitaria. Eppure l’aria in consiglio comunale non è delle migliori, e cercheremo di capire il perché.

Sindaco Fiorita, il “Sole” certifica un piccolo miglioramento.

«Nel bene e nel male, queste classifiche vanno prese con prudenza: per me, un segno di incoraggiamento».

Come sta Catanzaro?

«Come una città che ha perso peso negli ultimi vent’anni. Ora bisogna invertire la rotta. Rischiavamo il fallimento, abbiamo risolto il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. Per i lavori allo stadio, era vicino il pignoramento. Avviati progetti strategici sulla scuola, sulla depurazione».

In una regione da sempre sofferente sul tema rifiuti, la novità dei cassonetti interrati.

«Ci siamo quasi, purtroppo solo in centro e a Catanzaro Lido. Abbiamo recuperato un finanziamento regionale che stava per scadere. E poi ci saranno le isole ecologiche mobili».

Lei governa insieme al gruppo di Antonello Talerico di “Noi Moderati” che in consiglio regionale sta con il centrodestra. Non si sente condizionato nelle scelte?

«Con Antonello (e lo chiamerà sempre così ndr) fu avviato un cammino comune nel 2017 dentro Cambiavento. Poi abbiamo fatto percorsi diversi, fino a un’alleanza dichiarata e certificata al ballottaggio. Abbiamo ora la necessità di una maggioranza più stabile per governare la città».

“Catanzaro al centro” ora ha tre assessorati e sei consiglieri.

«Crescita prevedibile, un partito centrista ha sempre una maggiore attrazione. Capisco la vulgata: i consiglieri comunali non vanno a casa volentieri. Ci sosteniamo a vicenda, e questo non credo dia fastidio ai cittadini, per i quali è prima di tutto importante che il Comune vada avanti».

La composizione della Giunta le provoca imbarazzo?

«Non mi disturba, con Antonello c’è un rapporto personale e un progetto per la città, nato dal basso. E la categoria vecchio-nuovo certe volte è più significativa degli schieramenti politici. Come è successo alle ultime elezioni comunali, dove ha vinto il nuovo».

Far funzionare una città non è né di destra né di sinistra.

«Non lo dirò mai perché non lo penso. Per esempio il lavoro che stiamo facendo sulla scuola è di sinistra di sicuro».

Il suo alleato Talerico in questi giorni ha criticato la Giunta, e attaccato suoi compagni di movimento.

«Nell’ultima settimana abbiamo dato una immagine negativa di governo della città, con le due commissioni finite all’opposizione. Certamente una gestione non buona del consiglio comunale, della quale mi scuso io per primo».

L’ex assessore all’Ambiente Aldo Casalinuovo, escluso nel rimpasto, dice che siete tornati al trasformismo che tanto avevate criticato in campagna elettorale.

«Non voglio fare polemica con chi ha messo tempo, energia e competenza al servizio della città, come è il caso dell’avvocato Casalinuovo, al quale sarò sempre grato. Dirò solo che Talerico c’era anche prima. A tutti però ricordo il risultato straordinario al ballottaggio, senza maggioranza consiliare».

Come stanno i partiti? Le sezioni sono chiuse.

«Io sono un civico per formazione: i movimenti, le associazioni ti danno più capacità di movimento. Ma sono leggeri, e hanno bisogno dei partiti che hanno una funzione storica e insostituibile».

Tutto ok con il Pd?

«Se c’è il Pd, siamo più forti».

Mercoledì incontrerà a Catanzaro i colleghi sindaci di Cosenza, Crotone e Reggio alla presenza del sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio De Caro. Come mai manca la prima cittadina di Vibo Maria Limardo, l’unica di centrodestra?

«L’ho invitata, aveva un impegno già preso in precedenza».

O forse è scivoloso l’argomento del dibattito?

«Come sindaco, sono molto preoccupato dal progetto governativo di autonomia differenziata, una negazione dei più elementari criteri di giustizia e solidarietà. Passa il principio che chi è più forte drena più risorse. L’idea della Lega di pagare più gli insegnanti del Nord lo spiega bene: vogliono creare due Italie. Non possiamo permetterlo: le nostre città si svuotano, invecchiano».

Lei ha un passato nei movimenti e ha oggi un ruolo decisivo nella protesta contro l’eolico offshore.

«Io non sono contro l’eolico e so che dall’energia pulita dipende il futuro dei nostri figli. Ma quello è un progetto invasivo, mai condiviso con i comuni e con i sindaci».

La competenza però non è dei comuni, e ci sono ambientalisti che non la pensano come lei.

«Senza di noi lo possono fare, ma noi dobbiamo essere ascoltati».

Confesso di essere rimasto colpito da una delle sue prime dichiarazioni dopo la vittoria al ballottaggio. Lei disse che l’aeroporto di Lamezia doveva chiamarsi anche Catanzaro. Sembrava un ritorno alle contese di cinquant’anni fa di cui portiamo ancora i segni.

«Quella polemica mi ha molto addolorato. Erano due righe in mezzo a sessanta pagine di documento programmatico. Dove io fotografavo una debolezza politica dell’area centrale della Calabria, da Crotone a Vibo Valentia. Ma voi avete ridotto tutto al nome dell’aeroporto».

Ora volete fare la Grande Catanzaro?

«Di città metropolitana ce n’è già una, ed è Reggio Calabria. Con Lamezia non c’è continuità territoriale, ma è chiaro che le due città devono parlarsi di più, non solo per la questione dei trasporti e dello scalo. Negli anni ’80 avevamo una relazione molto forte. Abbiamo invece avviato un lavoro con i paesi più piccoli intorno a Catanzaro per mettere in comune alcuni servizi anche culturali, con la Carta dei Comuni del Politeama».

Mi scusi se insisto, ma anche lo scontro sulla facoltà di Medicina all’Unical ha assunto toni novecenteschi.

«Io non faccio il mestiere di Rettore ma di sindaco. In un momento in cui la Calabria perde giovani che vanno a studiare e lavorare al Nord, e gli Atenei fanno fatica, non potevo restare in silenzio. Poi la polemica si è ricomposta, la speranza è che si ragioni in una prospettiva di rete delle Università».

Vuol dire che Cosenza ha imposto la sua scelta?

«Non lo penso, ma da sindaco ritengo che eccellenze come la “Magna Graecia” di Catanzaro o anche la Mediterranea a Reggio vadano difese».

Ha più incontrato il Rettore dell’Unical, Nicola Leone?

«In qualche occasione pubblica, abbiamo scherzato (ride ndr). Ma l’Unical è casa mia, e lì tornerò prima o poi ad insegnare. Non è stato semplice per me, lo confesso. Ma io tendo a scegliere la strada che ritengo più giusta, non la più utile».

Sta scrivendo?

«Il mestiere che faccio non lo permette. Ogni tanto vedo i ragazzi del Collettivo. L’Ultimo pubblicato, “Padre Nostro”, era la storia nobile del padre di Erika De Nardo, la ragazza che uccise la madre e il fratellino a Novi Ligure».

Nel libro “Il bicchiere mezzo pieno” raccontò storie di esperienze e coraggio in Calabria, fuori dal solito clichè ‘ndranghetistico.

«Quelle pagine fotografavano un fermento giovanile che temo di non vedere oggi. Al contrario, c’è una città che ha poca fiducia in se stessa. Certo, vale per molte aree del Sud. Solo che Catanzaro sconta e soffre vent’anni grigi».

C’è un giorno in cui si è sentito orgoglioso della sua città?

«Ogni giorno, ma non posso dimenticare cosa accadde nell’agosto dell’anno scorso, quando 448 migranti arrivarono al Lido. Una eccezionale gara di fratellanza dei cittadini intorno al Palagallo: alla fine ci restarono mille paia di scarpe in più».

Che cosa vuol dire al sindaco di Botricello, messo sotto sorveglianza per aver fatto il suo dovere?

«L’ho chiamato e gli ho detto di non mollare. I sindaci sono diventati un bersaglio, che si tratti di reddito di cittadinanza, di risorse che mancano o di semplice rispetto della legge. In Calabria l’attacco alla politica e alle buone amministrazioni è cronaca giornaliera. Non a caso fra noi c’è un grande senso di solidarietà, sappiamo che vita è».

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