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Don Gino Luberto, morto oggi a 86 anni

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COSENZA – E’ morto all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, dove era stato ricoverato qualche giorno fa, don Gino Luberto. Aveva 86 anni ed era uno dei sacerdoti storici della diocesi di Cosenza-Bisignano. L’attività pastorale di Don Gino è stata fortemente legata a due parrocchie: la Santa Famiglia, di Andreotta di Castrolibero, che creò dal nulla insieme al vescovo Enea Selis, e quella della Madonna di Loreto, a Cosenza, dove arrivò nel 1992.

Vocazione adulta, la sua. Era impiegato all’Aterp di Cosenza come geometra quando, per come lui stesso spesso raccontava, una ragazza mentre ballava a una festa, quasi per scherzo, gli chiede: “Gino, perchè non ti fai prete?”. E fu una folgorazione. Un tappo che saltò su una inquietudine latente. La madre, alla notizia, si commosse.

Prese possesso della parrocchia nel 1975, ma la parrocchia, fondata nel 1972, neppure c’era. Nei primi anni la messa era celebrata in un magazzino ma quella situazione di precarietà diventò un trampolino di lancio verso un’esperienza indimenticabile e travolgente. Don Gino incentrò la sua pastorale sulla famiglia e come per ogni famiglia c’era bisogno di una casa. Coinvolse gli imprenditori del territorio, coinvolse i giovani del territorio e riuscì a ottenere un terreno, proprio quello dove sorge la parrocchia, grazie alla donazione della famiglia De Luca. Per le garanzie economiche trovò una sponda formidabile in Mario Dodaro (“se non ci fosse stato lui non sarebbe stato possibile niente” ripeteva).

Parlare ai giovani, poi, era la sua grande passione. Accoglieva tutti, per tutti c’era la possibilità di avvicinarsi ai gruppi (Azione Cattolica e Agesci sorsero in quegli anni) e creava spazi là dove altri innalzavano (e innalzano ancora oggi) mura e chiusure con lucchetto. Ragazzi tolti dalle strade per un’infinità di attività: il calcio, la musica, il teatro, il canto ma tutti sapevano bene che quello era solo il mezzo, non il fine, di una formazione cristiana. Andreotta degli anni Ottanta era un fermento giovanile continuo e il cuore di tutte le iniziative era quella parrocchia venuta su in un modo irripetibile.

Il suo carattere travolgente spesso lo portava a urtare la sensibilità di qualcuno, che fosse un fotografo irrispettoso del rito o un signore arrivato tardi a messa o genitori che pretendessero Samantha come nome per la figlia.

Nel 1992 lo strappo dalla sua creatura. Il vescovo lo spedisce nella chiesa di Madonna di Loreto e ad Andreotta la cicatrice è profonda. Anche qui, però, ha continuato instancabile la sua opera pastorale ma intanto sono arrivati gli anni e quindi da parroco, piano piano, è diventato prima punto di riferimento e poi vecchio saggio coi suoi ritmi e i suoi spazi.

Decine e decine i giovani formati e che lo hanno avuto come punto di riferimento spirituale. In mezzo anche un grande dolore, la vicenda del nipote Alfredo: mai una parola in pubblico, ma profonda sofferenza in privato.

Negli ultimi anni ad Andreotta lo si è visto di rado ma il cordone ombelicale non si è mai staccato: spesso ha celebrato matrimoni o funerali e subito dopo si fermava con decine e decine di suoi ex parrocchiani per un saluto, un ricordo, uno scambio di idee.

Domani mattina, 20 agosto, la chiesa di Loreto sarà la sua camera ardente dalle ore 10,30. Alle 19 è previsto l’inizio della cerimonia funebre.

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