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Gli otto ultras giallorossi tornano in libertà dopo l’udienza di convalida da parte del Gip, le fasi delle violenze port derby Cosenza-Catanzaro


COSENZA- In migliaia contro poche decine di addetti alla sicurezza. È alle 16.10 del 3 marzo, quando l’arbitro ha da poco fischiato l’inizio del derby, che una folla di tifosi del Catanzaro, scesa dai mezzi parcheggiati nei pressi del Centro Sportivo “Real Cosenza”, si dirige in massa verso l’ingresso del settore ospiti, “rompendo” il cordone di sicurezza predisposto dalle forze dell’ordine fino a ridosso di un pesante cancello, il quale viene divelto e ribaltato a terra.

È solo la prima parte della domenica più nera. Ricostruita dettagliatamente dagli uomini della Digos e della Squadra Mobile della Questura di Cosenza nell’annotazione trasmessa alla Procura. Alle 19, una volta terminato l’incontro calcistico, il corteo di ultrà giallorossi appartenenti al gruppo U.C. ‘73 si dirige a bordo dei propri mezzi verso lo svincolo autostradale di Cosenza Nord. Ma, ad un tratto, due minivan bloccano il traffico lungo viale Magna Grecia. Alcuni degli occupati scendono in strada armati di bastoni, cinture e con il volto parzialmente travisato da passamontagna. Cominciano i primi scontri con la polizia, attraverso il lancio di pietre e il ferimento di tre agenti, tra cui un dirigente.

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Una volta sedati gli animi, il corteo riparte fino a raggiungere la rotonda del Centro commerciale di Quattromiglia di Rende, nei pressi del Mc Donald’s. I minivan bloccano il transito dei veicoli, stavolta per oltre un’ora. Alcuni facinorosi scendono in strada, armati di bastoni e cinture e lanciando artifizi esplodenti e fumogeni. È il preludio alla guerriglia. È a questo punto che – ricostruiscono gli agenti sulla base delle immagini acquisite sia da fonti aperte sia dai filmati di videosorveglianza della zona – una decina di tifosi cosentini lanciano all’indirizzo del corteo scortato due fumogeni di colore rosso e alcuni petardi. Si tratta della circostanza in base alla quale per le “provocazioni”, per nove di loro, tra cui un avvocato, è scattato il Daspo.

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Per tutta risposta, gli ultras del Catanzaro, almeno una trentina, iniziano a «correre verso il Mc Donald’s. Dandosi alla “caccia” dei vari astanti ivi presenti, pur se estranei a quelle dinamiche, inseguendoli tutto intorno sia al centro commerciale Marconi che nei pressi del Mc Donald’s». Un avventore del fast food, entrato a comprare i panini per i figli che lo aspettano in auto insieme alla moglie. Viene colpito con delle bastonate in testa e alle braccia dai tifosi catanzaresi. Gli stessi che, nel frattempo, seminano il panico tra i clienti del locale, molti dei quali riescono a trincerarsi all’interno. Uno dei più “agitati” del gruppo viene fermato e condotto in Questura. Confessa di aver messo in conto le conseguenze della trasferta, tra cui un eventuale arresto o il decesso di qualche astante. Ma che si tratta di rischi accettabili per il “codice ultrà”.

Nel frattempo, la Digos reperisce un audio che circola sulle chat dei tifosi catanzaresi. «Allora, hanno arrestato uno… Un tifoso nostro, degli ultras, durante gli scontri, la Polizia, e noi siamo tutti quanti fermi e non ce ne vogliamo andare se non ci lasciano prima il nostro tifoso. Siamo tutti fermi. Abbiamo bloccato tutto Cosenza, se non ci danno il tifoso. Al limite la Polizia lo identifica e ce lo libera e poi al limite domani se lo va a riprendere. Però ora se non viene questo ragazzo con noi, noi non ci spostiamo di qua». Le autorità hanno rilasciato il soggetto per evitare ulteriori disordini.

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Sulla scorta di questa ricostruzione, e in seguito agli arresti in flagranza differita di 8 ultrà della squadra giallorossa, posti ai domiciliari, il gip del Tribunale di Catanzaro Sara Mazzotta, nella giornata di ieri ha convalidato gli arresti e trasmesso gli atti alla Procura di Cosenza, competente per territorio. Gli ultrà sono rilasciati e rimessi in libertà, ad eccezione di Antonio Trapasso e Danilo Barbagallo, per i quali è scattato l’obbligo di presentazione alla Pg unitamente al divieto di dimora a Cosenza. Il pm Domenico Assumma aveva chiesto l’applicazione della misura cautelare ai domiciliari anche per altri tre indagati che si erano resi irreperibili, richiesta che tuttavia non ha trovato accoglimento.

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