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Cristina Vercillo, caporedattore del Quotidiano, scomparsa ieri a 59 anni

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“CRISTINA superpagine”. Ognuno di noi, quel lontano 13 giugno del 1995, aveva un soprannome che ci aveva dato il direttore di allora, Pantaleone Sergi, e quello di Cristina Vercillo era questo. Sì, perché lei a differenza di noialtri, era capace di parlare poco e produrre tanto. Era silenziosa, timida, e quando qualcosa la feriva, andava a piangere di nascosto e poi tornava con gli occhi arrossati e si rimetteva al lavoro. Ma non era solo veloce Cristina, lei aveva una grazia naturale che la contraddistingueva e la capacità di scorgere il bello e il buono in tutto ciò che la circondava.

IL RICORDO DI CRISTINA VERCILLO DI ROCCO VALENTI

Non fu facile per un gruppo di giovani giornalisti chiamati a realizzare il primo giornale calabrese, diventare improvvisamente squadra, ed è grazie a colleghi come Cristina, capaci di portare sulle spalle il peso di tante intemperanze giovanili se l’allora “Quotidiano della Calabria” riuscì ad affermarsi e a diventare una realtà nel panorama editoriale del Sud. Cristina dietro la sua apparente fragilità nascondeva una forza interiore senza pari e la si avvertiva dai suoi silenzi e dalla capacità che aveva di tenere insieme personalità tanto contrastanti quanto esuberanti. E non c’era offesa che potesse far nascere in lei il sentimento del rancore.

Furono le sue qualità giornalistiche e umane a farla crescere all’interno della redazione e a conferirle, negli anni, sempre ruoli di maggiore responsabilità. Quando Ennio Simeone la nominò caporedattore, la sua prima reazione fu di sorpresa perché Cristina non inseguiva le qualifiche, amava il suo lavoro e questo le bastava. Solo leggendo i suoi articoli, pochi purtroppo, si poteva comprendere quanta eleganza e sensibilità ci fosse nella sua scrittura e nella sua anima, le stesse che trasmetteva a chiunque la incontrasse. Per lei il giornale era un porto sicuro dove ritornare dopo ogni viaggio in giro per il mondo.

Si riempiva gli occhi di paesaggi e di colori Cristina, che poi riversava come un fiume in piena nei suoi servizi. Non amava parlare di sé, né era capace di mettersi in mostra. Cristina dovevi andarla a cercare e aspettare che tra un sorriso timido e l’altro, ti confidasse qualcosa che l’aveva turbata o resa felice. Era una presenza impercettibile la sua, che oggi manca come l’aria. Anche la malattia che l’ha travolta non è riuscita a scalfire la sua forza, la sua capacità di resistere alle avversità. Sapeva bene Cristina qual era il suo problema, eppure affrontava una dopo l’altra le terapie che avrebbero potuto salvarle la vita, senza alcun indugio. E così è stato fino alla fine, grata a chi si interessava a lei, sempre pronta all’ascolto, capace di cogliere la sofferenza degli altri, lucida come non mai nel raccontare quanta umanità ci fosse nel dolore.

Era bella Cristina, di una bellezza eterea, che ha attraversato questa terra lasciando dietro di sé solo dolcezza.

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