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Il centro storico di Cosenza

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Estate, tempo di viaggi. Ripercorriamo allora alcuni tour “eccellenti” nella città di Cosenza. Dopo quelli di Giacomo Casanova e Alexandre Dumas, raccontati nelle edizioni del 7 e del 14 agosto del Quotidiano del Sud, tocca allo scrittore inglese George Gissing, che visitò a fine ‘800 l’Italia meridionale e la Calabria, con tappa a Cosenza. Il racconto del suo viaggio è stato pubblicato in “By the Ionian Sea: Notes of a Ramble in Southern Italy” (in italiano “Sulla riva dello Jonio”, pubblicato da Rubbettino).

NELLA speciale categoria letteraria dei racconti di viaggio una menzione d’onore spetta allo scrittore inglese George Gissing. Penna talentuosa e indole inquieta, incarnò le contraddizioni dell’epoca vittoriana. Viaggiò poco per diletto a causa delle condizioni economiche di certo non agiate ma nella sua opera Sulla riva dello Jonio (titolo originale: By the Ionian Sea: Notes of a Ramble in Southern Italy) descrisse il suo grand tour nell’Italia meridionale, avvenuto nel 1897, alla ricerca dei luoghi nei quali fiorì la civiltà della Magna Grecia. Grazie a una borsa di studio il giovane Gissing riuscì a frequentare l’Owen College (attuale ateneo di Manchester). Studente brillante vinse numerosi premi accademici. Poi l’incontro con la prostituta Marianne Helen Harrison gli cambiò la vita.

Si innamorò perdutamente e le acquistò una macchina da cucire con l’intento di redimerla e farle guadagnare da vivere senza vendere il suo corpo negli squallidi bordelli di Manchester. Peccato che per l’acquisto dell’attrezzatura Gissing rubò del denaro ai compagni d’università. Fu scoperto, espulso e condannato a un mese di lavori forzati. Alla fine riuscì a sposare la sua Marianne ma il matrimonio non fu certo rose e fiori. La donna, tormentata dal suo passato, fu sopraffatta dal demone dell’alcol che ne dilaniò la mente e il fisico.

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Dopo la morte di Marianne convolò a nozze con Edith Underwood. Ebbero due figli ma la donna soffriva di violenti attacchi d’ira. Venne dichiarata insana di mente e visse in un manicomio fino alla morte. Gissing fu spesso costretto a dare lezioni private e a lavorare nelle biblioteche per arrotondare le sue magre entrate. Grande estimatore di Charles Dickens e dei veristi francesi, nelle sue varie opere descrisse la miseria dell’Inghilterra proletaria all’alba del XX secolo.

IL VIAGGIO A SUD

George Gissing

Senza più legami (affidò i figli a dei parenti) e nonostante una salute cagionevole nel 1897 decise di materializzare il sogno di visitare il Sud Italia e di rinsaldare la passione per gli studi classici. Cercò inizialmente di ripercorrere l’itinerario descritto dall’archeologo francese François Lenormant nell’opera La Grande Grèce ma dovette poi apportare delle modifiche al piano. Gissing ebbe grande empatia per le genti del Sud Italia, soprattutto per i calabresi di cui descrisse con ammirazione la dignità e l’animo cordiale. Nel libro non mancano annotazioni sull’Italia meridionale post-unitaria. Si rimarca la decadenza del Sud rispetto ai fasti del passato ma anche le pesanti tassazioni dello Stato e la tracotanza della classe dirigente.

TAPPA A COSENZA

Da Paola Gissing giunse in carrozza a Cosenza, incuriosito anch’egli dalla leggenda di Alarico.  Lo scenario incantevole della strada che collega la città di San Francesco al capoluogo bruzio «tra erti monti e ripide vallate, tra querce e faggi e un susseguirsi di tornanti» lo lasciò estasiato. Il feedback sulla città di Telesio sarà più che lusinghiero: «Cosenza ha interessi e meraviglie che danno la tentazione di girarla tutto il giorno. È inadeguato chiamarla pittoresca; a ogni passo, dall’inizio della strada principale al piede della collina fino al severo castello medievale che ne corona la sommità, c’è da stupirsi e da ammirare». Gissing descrisse anche l’arrivo su corso Telesio che lo colpì positivamente: «Entrammo in una viuzza che sale rapidamente fra case così alte e così ravvicinate da fare una cupa ombra anche con il più gran sole». Gissing ammirava la spontaneità dei cosentini ma, al contempo, li riteneva meno chiassosi dei napoletani evidenziandone la lentezza nel parlare e il fatto che non importunassero gli stranieri come invece spesso accadeva nella città partenopea.

ALBERGO DA INCUBO

Coadiuvato da una guida, che si rivelerà tutt’altro che affidabile, alloggiò nell’albergo Leonetti (erroneamente tradotto da Gissing in “Due lionetti”). La prima scelta fu in realtà il rinomato albergo Vetere (sito in piazza XV marzo) che sembrò soddisfare le aspettative dello scrittore britannico. Ma l’assenza di posti letto lo costrinse a ripiegare sul Leonetti.

L’esperienza fu traumatica per Gissing che lamentò, in particolare, il tanfo che lo tormentò nelle ore notturne. La finestra della camera affacciava infatti sulla famosa trattoria di Ciccio Altalena, specializzata in fritture e arrosti. Gli scarti venivano “smaltiti” alla meno peggio in una sorta di discarica improvvisata: «Una terribile buca aperta e sporca al di là di qualsiasi cosa io mi sia giammai imbattuto». «Sarei dovuto andare all’albergo Vetere, nella parte alta della città», annotò con rammarico Gissing sul suo diario.

L’INGLESE DI CALABRIA

Oltre Cosenza Gissing visitò Paola, la Sibaritide, Crotone e Catanzaro e ne rimase entusiasta. I problemi polmonari di cui soffriva da tempo lo condurranno prematuramente alla morte nel 1903 a soli 46 anni. Il resoconto del suo viaggio rappresenta ancora oggi una testimonianza fedele e preziosa della Calabria di fine Ottocento.

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