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Il presunto scafista minorenne legato alla strage Crotone

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Il gip sulla convalida i fermi dei presunti scafisti coinvolti nella strage di Cutro, ecco perché tra effetti della guerra e rischi futuri

CROTONE – «Venuta meno la manovalanza russofona (l’eco del conflitto ucraino ha dispiegato effetti anche sulla forza lavoro dei criminali deputati all’organizzazione degli sbarchi), negli ultimi mesi gli aurighi dei natanti sono quasi esclusivamente di nazionalità turca».

Lo scrive il gip Michele Ciociola nel provvedimento con cui ha convalidato il fermo per naufragio, omicidio colposo plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Provvedimento cui cui ha disposto la misura in carcere nei confronti di Fuat Sami, 50enne turco, del suo connazionale irreperibile Ufuk Gun, 28enne, e di Arslan Khalid, 25enne pakistano. Un quarto indagato, anche lui pakistano, non ha ancora compiuto 18 anni.

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STRAGE DI CUTRO, IL GIP E GLI EFFETTI DELLA GUERRA IN UCRAINA SU SCAFISTI E SBARCHI

Facilitatori pakistani, dunque, e skipper turchi. La guerra ha scompaginato i piani delle organizzazioni transnazionali con base operativa in Turchia che lucrano sulla disperazione dei migranti. Il gip lo sottolinea nel provvedimento che recepisce, in toto, la ricostruzione dei carabinieri della Compagnia, dei finanzieri della Sezione operativa navale e della Squadra Mobile della Questura di Crotone, basata sul racconto terribile di quattro naufraghi.

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Non ci sono più gli scafisti di una volta, quelli provenienti da Paesi dell’Est europeo (molti erano ucraini). Le «immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche» si avvalgono anche di articolazioni pakistane. Il gip Ciociola sono anni che trasmette gli atti alla Dda di Catanzaro essendo evidente che dietro gli sbarchi ci sia un’associazione a delinquere dedita alla tratta, reato peraltro non contestato dalla Procura ordinaria di Crotone.

«L’esistenza di strutture per ospitare i migranti prima della partenza, il servizio di trasporto sino ai natanti, la suddivisione dei ruoli, la presenza di canali di pagamento coinvolgenti l’apporto di terzi soggetti, il servizio di assistenza marittima (un primo natante veniva sostituito con quello destinato all’inferno a seguito di avarie al motore), rappresentano indici sintomatici di un solo dato fattuale: l’imperversare di una organizzazione», scrive il gip.

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LO SBARCO È FRUTTO DI UNA STRUTTURA ORGANIZZATA

Lo sbarco sulle coste calabre «non può essere ritenuto frutto di un accordo tra 4 amici al bar che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i pericoli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati». Stavolta però il magistrato non ha inoltrato carte alla Dda. Dda che comunque già ha in corso inchieste sulla mafia turca che recluta(va) scafisti ucraini sul web. Ma il copione cambia anche perché «ci sono decine di vittime». Il magistrato teme un’impennata di arrivi dopo il terremoto in Turchia che regalerà trafficanti «ulteriori miriadi di disperati, disperati disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente ed un ancor più fosco futuro».

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Ma veniamo agli indizi esaminati dal gip. Che il tragico evento fosse prevedibile lo si ricava in ragione dell’«elevato numero di passeggeri, delle condizioni del mare, della vetustà del natante, dell’ostinato rifiuto a chiamare i soccorsi, nonché della improvvida manovra in cui si spendevano i nocchieri per evitare per sfuggire alle autorità italiane».

E poi ci sono “schiaccianti” elementi a carico dei turchi indicati dai testimoni come timonieri. E anche dal fatto che uno di loro, Fuat, ha rischiato il linciaggio mentre, all’arrivo dei carabinieri sul luogo della strage, tentava di confondersi tra i migranti. Inoltre, da un cellulare dei naufraghi emerge che l’irreperibile Ufuk – non si esclude che sia tra i dispersi – viene immortalato alla conduzione dell’imbarcazione.

LE IMMAGINI E I VIDEO DELLA TRAVERSATA

Dal cellulare del minorenne pakistano sono spuntate immagini video che documentano la sua presenza nella parte superiore dell’imbarcazione («non già stipato come una bestia sotto coperta») mentre «apparentemente libero di muoversi, sorrideva ignaro del destino che attendeva la sua persona e le altre centinaia che la bagnarola accompagnava». I migranti avevano, infatti, l’ordine di restare ammassati nella stiva e di non fare rumore. Per non destare sospetti in caso di arrivo delle forze dell’ordine.

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I due indagati pakistani vengono ritratti insieme in un altro video mentre sorridono, segno evidente di un loro pregresso rapporto. L’unico dei fermati – il pakistano Arslan, difeso dall’avvocato Salvatore Perri – comparso ieri davanti al gip (Fuat ha il Covid e sarà sentito successivamente) ha peraltro sostenuto di essere uno dei passeggeri e di aver versato 7.000 euro per la traversata. Ma, osserva il gip, non c’è traccia del pagamento. Il gip ha convalidato anche il sequestro degli oggetti e dei soldi a due dei tre presunti scafisti. Si tratta 500 dollari, un passaporto di nazionalità turca, alcune carte di credito e un bancomat.

Intanto, «in attesa dell’atteso ed osannato turismo croceristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni», scrive con sarcasmo sempre il gip.

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