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Roberto Straccia

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MESORACA (CROTONE) – «Secondo me è verosimile quello che dice questo collaboratore di giustizia, anche se è più probabile che volessero uccidere non Eugenio Ferrazzo ma il cognato, del quale lui stesso aveva deliberato la morte. L’ordine di uccidere, come ho già dichiarato alla Dda dell’Aquila, lo diede perché il cognato era un confidente dei carabinieri». A parlare è il pentito Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca crotonese Vrenna Bonaventura Corigliano.

Il commento si riferisce alla trasmissione Rai “Chi l’ha visto” che ha gettato nuova luce sul caso di Roberto Straccia, il giovane rapito per un errore di persona a Pescara, il 14 dicembre del 2011, nell’ambito di un regolamento di conti tra clan mafiosi calabresi e foggiani coinvolti in traffici di droga e armi, e ucciso nonostante l’errore perché ormai, avendo visto in faccia i suoi aguzzini, sapeva troppo.

Il giovane, residente a Moresco (in provincia di Fermo), aveva 24 anni quando scomparve da Pescara, sua città di studi. Il corpo venne ritrovato sul litorale di Bari, il 7 gennaio 2012. La famiglia Straccia, assistita dall’avvocato Marilena Mecchi, da dieci lunghi anni cerca la verità. Una verità che sembra più vicina, anche dopo le rivelazioni di un collaboratore di giustizia pugliese la cui identità non è stata resa nota ma che si è detto disponibile a riferire alle autorità quello che sa. Una verità su cui si allunga l’ombra della ‘ndrangheta, e in particolare della cosca Ferrazzo di Mesoraca.

Secondo quanto ricostruito dall’avvocato Mecchi, il 30 dicembre 2011 Straccia era probabilmente ancora vivo. Il giovane era uscito di casa per fare jogging quando venne prelevato forse da un boss foggiano e tenuto prigioniero per giorni prima di essere ucciso. Verrebbe meno, dunque, l’ipotesi di suicidio o di morte accidentale originariamente prospettata dai giudici. Perché quando i mandanti hanno capito di avere davanti un ragazzo che non c’entrava nulla con vicende di mafia e droga, hanno deciso di ucciderlo.

E’ il modus operandi della mafia foggiana che non lascia mai tracce, secondo quanto svelato dal collaboratore di giustizia il cui volto è stato oscurato durante la trasmissione di Federica Sciarelli.

Le notizie sono state apprese de relato da questo pentito rimasto anonimo. Il giovane sarebbe stato stordito con un colpo in testa, portato in auto fino a Foggia e rinchiuso in una cantina. Qui i rapitori si sono resi conto di aver commesso un errore; quindi «Hanno gettato il corpo in mare legato a un oggetto pesante per non farlo risalire in superficie… Con il passare dei giorni poi il cadavere si è sganciato ed è riaffiorato. Non poteva sopravvivere perché aveva visto i suoi rapitori in viso. Il boss era sconvolto dalla somiglianza di Roberto con la persona che stavano cercando».

“Roberto” è il nomignolo di Eugenio Ferrazzo, figlio di Felice, entrambi ex collaboratori di giustizia in quanto già esponenti di vertice della cosca di Mesoraca, ma la somiglianza è soprattutto con un suo cognato. La tesi dell’errore di persona aveva già acquisito spessore grazie a un’intercettazione tratta dagli atti dell’inchiesta che portò all’operazione “Isola felice” in quanto Eugenio Ferrazzo prospettava che il vero obiettivo dei rapitori fosse il cognato e che venne ucciso  Straccia proprio per la loro somiglianza.

Ferrazzo ne parla il 30 dicembre del 2011 durante un colloquio nel carcere di Lanciano con la sua compagna che subito dopo viene intercettata mentre riferisce telefonicamente alla sorella dello stesso Ferrazzo dei timori che quest’ultimo nutre per l’incolumità del cognato e dei suoi familiari. Ma in un’altra intercettazione Ferrazzo svela che lui stesso viene chiamato “Roberto”, sicché l’inchiesta passò dalla Procura di Pescara alla Dda dell’Aquila.

Adesso un pentito pugliese conferma che Straccia è stato ucciso per uno scambio di persona. E a ritenerlo plausibile è, come racconta al Quotidiano, il collaboratore di giustizia Bonaventura, uno che era già finito nel mirino della cosca Ferrazzo.

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