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L'assessore regionale Domenica Catalfamo

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REGGIO CALABRIA – Le società Avr e Ase con sede a Roma, sono state sottoposte ad amministrazione giudiziaria, e la Hidro Geologic Line a controllo giudiziario in un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria. I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri in quella che viene definita inchiesta “Helios”

Parallelamente tredici persone sono state indagate e tra queste c’è anche l’assessore regionale Domenica Catalfamo – coinvolta come ex dirigente del Comune di Reggio – ed il vicesindaco di Reggio Armando Neri. In tutto sono otto gli amministratori del Comune di Reggio Calabria, del Consiglio comunale, della Città Metropolitana, del Consiglio regionale ed ex Provinciale e del Comune di Taurianova ai quali sono contestati reati contro la Pa per indebite pressioni per l’assunzione di personale segnalato.

Risultano indagati l’ex consigliere regionale Giovanni Nucera, l’assessore comunale di Reggio Calabria Giovanni Muraca, i consiglieri comunali di Reggio Filippo Quartuccio, Rocco Albanese, Antonino Castorina, Fabio Scionti, ex sindaco di Taurianova, comune sciolto nel dicembre scorso dopo le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali. Sono variamente indagati, in concorso con l’amministratore delegato di Avr Claudio Nardecchia e due responsabili della stessa slocietà, Enzo Romeo e Veronica Caterina Gatto. Tra gli indagati figurano anche due dipendenti dell’Avr, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta di Francesco Antonio Purrone e Giglio Genoese

Gli amministratori sono indagati per avere esercitato indebite pressioni al fine di ottenere l’assunzione di personale segnalato, ovvero altri funzionari per avere posto in essere atti di corruzione per l’esercizio della funzione o per il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio allo scopo di agevolare la predetta società nei rapporti con la Pubblica Amministrazione controllante al fine di ricevere indebite utilità.

E’ stato in particolare accertato che l’espansione territoriale di AVR S.p.a. (capofila di un polo imprenditoriale con 34 tra sedi, impianti e distaccamenti, un volume di affari di 200 milioni e 2.500 dipendenti) era determinata proprio da questa accertata permeabilità aziendale agli interessi mafiosi ed a quelli della cosiddetta “cattiva politica”; questa attitudine rendeva, infatti, la S.p.a. perfettamente consonante agli interessi criminali più forti, riconosciuti sul territorio reggino, divenendo così perfettamente funzionale al fine di garantire la prosecuzione ed espansione di tali sistemi di potere che governano il territorio.

Secondo i giudici del tribunale di Reggio Calabria, della sezione Misure di prevenzione, «dalle conversazioni intercettate viene inequivocabilmente confermata la volontà dei rappresentanti della Avr di accontentare gli esponenti delle cosche locali. Peraltro ciò avveniva anche a discapito di un soggetto, il quale non era un quisque de populo in quanto indicato in altra conversazione quale soggetto raccomandato da un politico». Politico che i carabinieri, coordinati dalla Dda reggina, hanno identificato nel deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro, all’epoca dei fatti assessore del Comune di Santo Stefano d’Aspromonte, cugino di Domenica Catalfamo.

Cannizzaro, che non è indagato, secondo quanto emerso dalle intercettazioni di terze persone, avrebbe raccomandato un altro imprenditore, invece escluso. Nella stessa intercettazione viene citato anche il nome di Antonio Caridi, all’epoca senatore, attualmente imputato nel procedimento Gotha perché ritenuto in un ruolo apicale nella ndrangheta reggina.

Per quanto riguarda l’assessore del Comune di Reggio Giovanni Muraca, è indagato perché, si legge nell’avviso di conclusione delle indagini, avrebbe abusato del suo ruolo “e dei pubblici poteri ad esso connessi, e segnatamente minacciando, talvolta esplicitamente talvolta larvatamente, di assumere una serie di strumentali iniziative vessatorie e potenzialmente pregiudizievoli per la società privata Avr Spa”, società “che aveva in corso di esecuzione vari appalti con il Comune di Reggio Calabria tra i quali quello per la raccolta dei rifiuti”. L’assessore avrebbe, dunque, minacciato di avviare “contestazioni pubbliche al servizio dell’Avr dirette a screditare strumentalmente tale società e la qualità dei lavori pubblici in corso di esecuzione”, così esercitando “indebite pressioni sui dirigenti ed amministratori della suddetta società, ed in particolare sull’amministratore delegato Claudio Nardecchia e sulla dirigente Veronica Gatto, volte a far reintegrare nel personale dell’Avr i coniugi Giuseppe Laface e Marie Milene Sylva, lavoratori licenziati per giusta causa dalla suddetta società soprattutto a causa di continue e prolungate assenze ingiustificate”.

In questo modo, Muraca avrebbe posto “in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere o comunque ad indurre le suddette persone offese ad assecondare le sue richieste e a procurare indebitamente ai citati soggetti un nuovo contratto di lavoro presso l’Avr o altra società dalla stessa controllata, non riuscendo nel proprio intento per ragioni indipendenti dalla sua volontà, ossia per il rifiuto delle suddette persone offese”.

I fatti sarebbero stati commessi a Reggio Calabria nei mesi di marzo, aprile e maggio del 2018. Identiche contestazioni vengono poi addebitate allo stesso assessore reggino, sempre a scapito dell’Ad e del dirigente della stessa società, nell’ambito di un tentativo volto “a far prorogare il subappalto relativo al ritiro dei rifiuti ingombranti a domicilio in favore della Cooperativa Sociale Rom 1995 o, in alternativa, a riassorbirne almeno parte il personale mediante assunzione all’interno dalla società Avr Spa dopo che il rapporto contrattuale tra l’Avr e la suddetta Cooperativa era cessato in data 1.01.2018 in ragione dell’aumento del canone richiesto dalla subappaltatrice, così ponendo in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere o comunque ad indurre le suddette persone offese a soddisfare le sue richieste sopra indicate, non riuscendo nel proprio intento per ragioni indipendenti dalla sua volontà ossia per il rifiuto delle suddette persone offese”.

La reazione degli amministratori

«Piena fiducianell’operato della magistratura e della squadra Stato». Lo affermano, in una dichiarazione congiunta, Rocco Albanese, Antonino Castorina, Giovanni Muraca, Armando Neri e Filippo Quartucciu, componenti dell’Amministrazione comunale di Reggio Calabria, indagati nell’operazione Helios della Dda di Reggio Calabria e destinatari dell’avviso di conclusione indagini.

«E’ utile affermare – scrivono in una nota – che le nostre posizioni non hanno nulla a che fare con reati di associazione mafiosa, ma con altre ipotesi di reato per le quali ci teniamo, comunque, a ribadire la nostra assoluta estraneità. Naturalmente aspettiamo di conoscere gli atti di indagine. Siamo assolutamente tranquilli e continueremo a lavorare con serenità e a testa alta, combattendo quotidianamente la nostra battaglia per il bene di Reggio e di tutti i reggini».

Anche l’assessore regionale Catalfamo ha respinto ogni accusa: «Riponendo assoluta fiducia nell’operato della Magistratura, ritengo di poter affermare di avere sempre agito esclusivamente nell’interesse della pubblica amministrazione con onestà e trasparenza».

«Relativamente alle condotte indicate nell’avviso, che si riferiscono ad ipotesi di reato contro la P.A. – prosegue – in attesa di prendere visione degli atti che ancora non possiedo, evidenzio la mia totale estraneità che certamente avrò modo di dimostrare nelle competenti sedi giudiziarie, spero nel più breve tempo possibile».

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