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La sede della Banca centrale europea

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L’Europa non è il nostro problema ma la nostra salvezza. Il problema siamo noi che non sappiamo spendere ciò che ci viene regalato e ciò che ci viene prestato a tassi di favore. Mettiamoci sotto e dimostriamo che sappiamo fare gli investimenti pubblici produttivi nei tempi prestabiliti e dove c’è crescita potenziale. Facciamoli nel Mezzogiorno d’Italia e nei Sud del Nord. Dobbiamo scegliere i migliori dell’amministrazione pubblica e affiancare loro i più bravi che abbiamo in giro per il mondo. Abbiamo sprecato otto mesi senza fare niente

La Banca Centrale Europea ha fatto un’altra espansione di bilancio perché l’economia ci rimetterà un bel po’ a partire. A Francoforte sui vaccini sanno che arriveranno, ma non sottovalutano il dato delle quantità disponibili, dei buchi nella distribuzione e degli effetti collaterali. Che a loro modo di vedere non vanno assolutamente ingigantiti, ma bisogna tenere a mente che ci saranno perché le procedure di certificazione sono state giustamente accelerate.

Agli analisti della Bce non è sfuggito che troppi francesi non vogliono vaccinarsi e hanno informazioni che molti nei Paesi europei anche se dichiarano il contrario la pensano allo stesso modo. Risultato: l’analisi tecnica è concorde nel ritenere che in economia il 2021 sarà ancora un anno pandemico. Avremo un’economia che arranca, anche la Germania soffrirà, l’inflazione resterà bassa, e quindi la Bce avverte il dovere di dare uno stimolo all’economia e di darlo nel modo più appropriato possibile.

Questo per noi significa che abbiamo sette o otto mesi di vento favorevole per costruire l’Italia del futuro. Sette o otto mesi di vento favorevole non per sempre. Non è vero che potremo spendere all’infinito come dicono con tono sempre più moderato Bagnai, una parte dei grillini e qualche giapponese sopravvissuto del centrodestra. Perché non è vero che basta stampare moneta che arrivano le ferrovie o che arrivano gli ospedali. Non è vero soprattutto per noi che abbiamo il terzo debito pubblico al mondo e non abbiamo la terza economia mondiale. Non è vero perché, purtroppo, siamo ancora tra i pochissimi Paesi che in Europa si presentano con il cappello in mano. A parte noi c’è la Grecia e, forse, un pochino ma meno di noi la Spagna.

In questa situazione ci si aspetterebbe che scatti l’orgoglio nazionale. Perché un Paese fondatore dell’Europa come l’Italia non può essere stabilmente tra quelli con il cappello in mano. Ancora prima perché ha una occasione irripetibile di ricostruire la sua economia e porre le basi di una occupazione duratura grazie all’Europa. Che ha deciso per la prima volta di fare debito comune e di dare all’Italia in assoluto la quota più rilevante (209 miliardi) di questa speciale raccolta di capitali.

Qui si appalesa il problema specifico italiano dentro un problema generale da nuovo ’29 mondiale. C’è stato un momento in cui i due partiti che hanno vinto le elezioni (5stelle e Lega) si sono divisi e la figura di Conte è emersa come punto di riferimento in piena Pandemia. Poi ha gestito bene anche la prima fase, ma a un certo punto ha cominciato a raccontarci la storia che tutti ci copiavano – non lo ha aiutato un ministro della Salute che per autoelogiarsi si è addirittura messo a scrivere un libro – e questo ha nuociuto.

Come diceva la Thatcher quando si governa in momenti di difficoltà è meglio non leggere i giornali e, soprattutto, è bene diffidare di ciò che ti dice il tuo ufficio stampa. La favola dell’Italia isola felice è durata poco, ma è bastata a rompere l’incantesimo nel rapporto di fiducia con i cittadini. La verità è che la seconda ondata si è rivelata per noi durissima e ha messo a nudo una sottovalutazione di questa emergenza sanitaria preoccupante, acuita dagli autoelogi di Speranza e di Arcuri perché onestamente in questo il premier è stato più cauto.

Sul piano dell’economia serve ancora maggiore consapevolezza perché la crescita resta asfittica e la Bce sta sostenendo una congiuntura difficile, ma quando la congiuntura non sarà più così brutta ognuno dovrà camminare con le proprie gambe. Parliamoci chiaro. Qui Conte se riuscirà a sopravvivere all’offensiva di Renzi e di mezzo Pd si gioca tutto. Perché l’Italia che avremo dipenderà da come si comporterà l’allenatore in questi mesi, non nel 2022 che è l’anno della verità. Dovranno allenarsi molto lui e l’intera squadra perché a fine 2021 l’Italia dovrà camminare con le proprie gambe. Se ci presenteremo in ritardo a questo appuntamento sarà la fine.

Non è fortunato Conte perché oltre alle debolezze ossessive di Speranza che fa chiudere le aziende e salva i bilanci delle Regioni ricche coprendo d’oro il trasporto locale contagioso, si ritrova al suo fianco un ministro dell’Economia, Gualtieri, che in pochi mesi ha consumato la credibilità conquistata in anni di proficuo lavoro in Europa. Si è fatto prendere la mano sugli incentivi per acquistare monopattini, biciclette e a dire sì a chiunque chiedesse qualcosa con le partite Iva. Si è fatto prendere da un entusiasmo decontestualizzato sul terzo trimestre dell’economia italiana che riflette un dato vero sulla vitalità manifatturiera italiana ma non coglie il dato strutturale della crisi che viviamo e rasenta quindi l’irresponsabilità.

È venuto meno lo storico intelligente che ha fatto bella figura in Europa e è venuto fuori il consigliere della fondazione Gramsci. Peccato, perché tutta l’Europa, al di là dei residui sofismi ideologici italiani, è schierata al nostro fianco. Che cosa aspettiamo a prenderci il Mes sanitario e fare quello che dobbiamo fare nella sanità calabrese, campana e pugliese? L’unica condizionalità che ci impone è quella di investire in macchinari sanitari, di rafforzare la medicina sul territorio e ospedali, di fare cioè tutto ciò che ci serve a un tasso sotto zero che vale per i prossimi dieci anni. Si capisce, di grazia, perché non lo prendiamo? Che cosa si aspetta a fare i conti con quella delega concessa alla Lega molti anni fa sulla regionalizzazione per un errato inseguimento di elettori che non ha funzionato e a porre il tema strategicamente decisivo di ricentralizzare tutto quello che è possibile ricentralizzare?

Detto questo il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) è un organismo che è stato concepito dieci e passa anni fa per fare fronte alla crisi di un Paese dell’euro che entri in difficolta. È stato usato malissimo, qualcuno ha detto che si è pensato non a risolvere i problemi ma a fare strumenti che i problemi li creavano. Morale: i greci oltre ogni responsabilità e ogni decenza sono stati massacrati; sono stati imposti costi durissimi ai portoghesi e un po’ anche agli irlandesi che si sono difesi facendo dumping fiscale. In Germania è cambiato tutto con il nuovo ministro dell’economia tedesca Scholz e con una cancelliera Merkel che vuole passare alla storia da statista e che francamente sta dimostrando sul campo di esserla.

È cambiato il modo di utilizzare il Mes. Non si dice più taglia le pensioni, taglia qui taglia là. Non si vuole più scarnificare un Paese fino all’osso e poi dire “ti ricostruiamo noi alle nostre condizioni e secondo il nostro modello”. Serve un’analisi di sostenibilità del debito che è una pre-condizione e che è fatta preventivamente, ma che ti consente di andare a prendere i soldi subito comprendendo l’errore passato commesso con Grecia e Portogallo tanto è vero che la super indebitata Italia prende 80 miliardi a fondo perduto con il Recovery Fund e nessuno dice e chiede niente. Non è più come prima che chiunque ha in mano una posizione rilevante di titoli sovrani di quel Paese che chiede aiuto può “portarlo in giudizio”. Non è più così perché ci vogliono doppie maggioranze che sono tecnicamente impossibili. Non può più succedere quello che è successo con l’Argentina “o mi paghi questo tasso qui o non vedi niente”.

Diciamoci la verità. Noi Italia abbiamo tanto di quel debito che è davvero molto difficile che un singolo Paese possa avere una posizione rilevante nei nostri confronti perché avrebbe dovuto comprare una montagna di titoli. Ma è possibile anche solo pensare che l’Italia possa fare default? Che possa farlo un Paese del G7? È stato ampiamente riconosciuto nel dibattito pubblico l’errore greco e sinceramente non possiamo nemmeno immaginare che l’Italia non possa più pagare il suo debito. Per capirci, un presidente degli Stati Uniti non parla con il Presidente di un Paese che non paga i debiti. Non è il nostro caso. È quello dell’Argentina e, per questo, i Sassoli e i Fraccaro farebbero bene a evitare anche ragionamenti teorici su questi temi. Lasciamoli fare agli altri.

Passando dagli Stati alle banche sempre in chiave Mes è bene ricordare che c’è una norma in Europa che dispone che quando una banca salta può intervenire il fondo di risoluzione europeo. I soldi sono parcheggiati lì, i criteri e l’interpretazione dei criteri sono acquisiti. Non si tocca un soldo dal punto di vista politico. Le risorse sono importanti (60 miliardi) ma non sufficienti se va per aria una grande banca, magari tedesca, o se c’è una crisi sistemica bancaria di una nazione. Per questo arriva il muovo Meccanismo europeo di stabilità che è una specie di Fondo Monetario europeo che ha dietro gli Stati. Sono tanti i soldi che possono mettere i governi e, si obietta, noi non abbiamo banche così grandi, lo stanno facendo per le banche tedesche, francesi, olandesi.

Questa superdiga serve a tutti come elemento di stabilità e di deterrenza sui mercati. In estrema sintesi, per le banche si consente al Mes di fare questo sostegno di ultima istanza (backstop) al fondo di risoluzione se un Paese che ha banche con un alto numero di crediti deteriorati (Npl) non riesce più a fare fronte. Questo per l’Italia poteva valere un po’ di anni fa quando avevamo gli Npl oltre il dieci per cento. Oggi siamo al 5,2 lordo e al 2,7 netto tanto è vero che nessuno si è neppure sognato di chiedere qualche condizionalità macroeconomica per l’Italia.

Facciamola breve. L’Europa non è più il problema dell’Italia, ammesso che lo sia mai stato, ma viceversa la nostra salvezza. Verifichiamo ogni tipo di tecnicalità sulle clausole di ristrutturazione del debito, ma prendiamo atto che il problema siamo noi che non sappiamo spendere ciò che ci viene regalato e ciò che ci viene prestato a tassi di favore. L’Europa oggi non è più un problema neppure per la Grecia e per Cipro. Mettiamoci sotto e dimostriamo che sappiamo fare gli investimenti pubblici produttivi nei tempi prestabiliti e facciamoli dove molto c’è da fare e molto c’è di crescita potenziale. Facciamolo nel Mezzogiorno d’Italia e nei Sud del Nord.

Dimostriamo di saperlo fare. Dimostriamo di avere la macchina giusta e una squadra di conducenti all’altezza della sfida. Dobbiamo scegliere i migliori dell’amministrazione pubblica e affiancare loro i più bravi che abbiamo in giro per il mondo. Dobbiamo migliorare la nostra capacità esecutiva. Abbiamo sprecato otto mesi senza fare niente. Ora non possiamo più perdere neppure un giorno. La politica, quella con la P maiuscola, può fare miracoli. Non è il caso dell’Italia di oggi, ma di quella Politica non possiamo fare a meno.


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