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C’è chi guardando nella sfera di cristallo sogna un’Italia a due velocità, con contratti e stipendi diversi.  Con insegnanti e personale non docente assunto direttamente dalle regioni. E ‘un disegno geopolitico che potrebbe prendere forma molto presto. I prossimi giorni saranno cruciali. Il Carroccio spinge per accelerare i passaggi sull’autonomia differenziata. Il punto più caldo è il nodo dell’istruzione.  Se entro 3 anni non cambieranno i criteri per l’assegnazione del fondo perequativo Lombardia e Veneto incasseranno un surplus di quasi 1 miliardo e mezzo di euro. Basterà calcolare la spesa standard in base agli abitanti e non agli studenti. Un cavillo che farebbe aumentare lo squilibrio tra il Nord e il Mezzogiorno-  

IL MODELLO FRIULI

Come ha documentato “Il Quotidiano del Sud” la spesa pubblica allargata trasferisce al Nord il  6 per cento in più della popolazione ed è lo stesso 6 per cento che viene sottratto al Sud da molti anni, il famoso scippo al Sud che costa 61,5 miliardi l’anno.  Luigi del Prete, esecutivo nazionale scuola Usb, l’altro giorno era Roma per manifestare con migliaia di altri insegnanti contro questo scippo che spaccherebbe in due l’Italia. “C’è il rischio che si voglia seguire il modello Friuli-Venezia-Giulia dove l’ente locale ha assunto 600 inseganti personale di sostegno precario, per compensare i vuoti di organico. E’stato stanziato circa un milione di euro ma potrebbe essere solo l’inizio. Si tratta di contratti tipici che vengono utilizzati impropriamente per finanziare progetti regionali. Questo modello – continua il sindacalista – potrebbe diventare un punto di riferimento. In parte lo è già visto che molti dipendenti regionali al Nord vengono assegnati agli Uffici scolastici regionali, gli ex provveditori”. costi e lussi che il Sud non può permettersi.  La riforma del titolo V della Costituzione, approvata dal centrosinistra nel 2001 ha sottratto allo Stato l’esclusività in materia di istruzione. Aperto le porte ad una scuola pubblica si serie A e ad un’altra di serie B.     

LA STEFANI ACCELERA

A giorni, forse a ore, la ministra agli Affari regionali,  Erika Stefani presenterà alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo regionale la sua proposta, il documento definitivo, per “liberare” le prime tre regioni. Si parte dall’accordo firmato il 28 febbraio del 2018 tra l’allora governo Gentiloni e i governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.  La Lega, stante ai sondaggi azionista di maggioranza dell’attuale esecutivo, vuol dare prima del voto un segnale forte ai suoi elettori e mantenere la promessa fatta al popolo padano. Una secessione silenziosa.

Il documento della Flc-Cgil contro la regionalizzazione della scuola, firmato lo scorso 3 maggio, ha aperto una breccia, rotto il muro del silenzio e ‘immobilismo della triplice sindacale su un tema lasciato – stranamente – fuori e dalla campagna elettorale delle Europee. Dove hanno prevalso temi come l’immigrazione e la paura, nuovi armi di distrazione di massa. Eppure, il disegno di chi vorrebbe che la locomotiva più veloce del Paese si staccasse dai vagoni lenti va avanti. E trova sostenitori.

 LEZZI IN COMMISSIONE  

Giovedì scorso davanti alla Commissione parlamentare per il federalismo presieduta dal leghista Invernizzi, il ministro per il Mezzogiorno Barbara Lezzi ha ribadito che il rapporto Stato regioni deve fondarsi sui principi “di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione” . In questo quadro, orientato alla piena autonomia finanziaria, si prevede un intervento dello Stato mediante – testuale – la previsione del fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante con la destinazione da parte dello Stato di interventi speciali e risorse aggiuntive. Occorre – ha continuato la ministra pentastellata – promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio elle loro funzioni, in favore di determinati comuni, città metropolitane, province e regioni”. 

IL PESO DEI DEBITI

Si dà il caso però che al Sud gli enti locali stiano per affondare sotto il peso dei debiti. Per contro, la ricchezza degli italiani è 8,4 volte il loro reddito disponibile – dati Bankitalia-Istat   –  pari a circa 10 milia miliardi di euro. Al di sopra delle famiglie tedesche e grazie soprattutto alle proprietà immobiliari. Il problema casomai è il ristagno ventennale dei redditi delle famiglie e come viene distribuita questa ricchezza. C’è chi vorrebbe congelare il benessere e spalmarlo da una parte sola. Ci sono province – come Vicenza, ad esempio –  ad alta intensità industriale  che di perequazione non ne vogliono proprio sapere e chiedono a gran voce l’autonomia. Province dove l’occupazione cresce, la disoccupazione diminuisce, con un Pil pro capite 10 volte superiore al resto del Paese. 

I PROF IN PIAZZA

Le Usb del pubblico impiego restano sul piede di guerra. “Il progetto di regionalizzazione – si legge nel comunicato che ha preceduto lo sciopero del 10 maggio – ha un chiaro obiettivo: mantenere il gettito fiscale all’interno delle regioni del Nord in assoluta violazione del principio solidaristico di redistribuzione della ricchezza su base nazionale, uno dei principi che sta a fondamento dell’unità stessa del nostro Paese”. Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief,  il sindacato nazionale che mette insieme insegnanti e formatori,  è pronto a battersi: “Venerdì prossimo, 17 maggio, scenderemo di nuovo in piazza contro la regionalizzazione , un progetto che va a ledere la scuola dell’autonomia, il rapporto tra Stato e Regioni e la nostra Costituzione,  introducendo la strada alla formazione di due Stati distinti tra loro”. Cgil-Uil e Cisl lo hanno revocato e sono stati convocati dal Miur per aprire un tavolo su precariato e ricerca.   L’Italia del Nord e quella del Sud. Con un salto acrobatico per fortuna ancora molto lontano da qualsiasi progetto vengono in mente altri Paesi spezzati.  In embrione, al netto delle differenze geopolitiche, saremmo qualcosa di simile alle due Corea o alla doppia Irlanda. Ma per motivi molto più materiali che nulla hanno a che vedere con lo scontro politico e religioso: i quattrini. 


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