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Investimenti delle amministrazioni centrali minori rispetto a quanto prevede la legge, nel pubblico impiego aumento delle assunzioni al Nord e cura dimagrante al Sud.

Nel settore delle infrastrutture ferroviarie qualcosa sembra muoversi per accelerare gli investimenti nelle tratte del Mezzogiorno, almeno secondo il piano delle Ferrovie dello Stato, ma una quota delle coperture finanziarie è a carico dello Stato e delle regioni, e qui sorge più di qualche dubbio.

Insomma, la narrativa tradizionale che vede il Sud spendaccione e il Nord efficiente e accurato nel gestire le risorse è ormai superata.

 LE CRITICITÀ

Lo certificano autorevoli istituzioni come Istat e Corte dei conti, mentre la Ragioneria generale dello Stato non fa mistero delle criticità nell’attuazione del federalismo fiscale (la legge Calderoli del 2009) a danno di uno sviluppo omogeneo del Paese. Tutti elementi che, negli ultimi anni, hanno contribuito ad ampliare la spaccatura tra Nord e Sud, a discapito del Paese intero, in termini di crescita, occupazione, qualità dei servizi offerti ai cittadini. 

Il primo scippo perpetrato per anni a danno del Sud riguarda gli investimenti ordinari delle amministrazioni centrali. La disposizione del governo Gentiloni, varata nel 2016, che ha previsto una quota di investimenti pari al 34% riservata al Meridione, in proporzione alla popolazione residente, è stata  disattesa. Al Sud è andato solo il 28,3%, cioè 61 miliardi in meno che si sarebbero potuti spendere per ospedali, scuole, trasporti, viabilità, opere pubbliche.

A ridosso del voto europeo il premier Giuseppe Conte, ha firmato il decreto attuativo della legge Gentiloni, prevedendo anche l’estensione della quota riservata del 34% ai contratti di programma tra il ministero delle Intrastrutture e le società pubbliche Anas e Fsa spesa pubblica.  Certo, è un passo avanti per il riequilibrio territoriale, ma il ritardo ha ampliato il gap.

LEGGI LA LETTERA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE CONTE
AL QUOTIDIANO DEL SUD L’ALTRAVOCE DELL’ITALIA

PUBBLICO IMPIEGO

Nel pubblico impiego il luogo comune che vuole una prevalenza di dipendenti al Sud è stato smentito dai dati ufficiali Istat contenuti nell’ultimo censimento permanente delle istituzioni. Nel 2011-2015 i dipendenti pubblici del Centro Nord sono aumenti di 26.000 unità, mentre al Sud  sono calati di 14.000. In tutto gli statali al Nord sono 1.471.533, al Sud e isole  1.227.084, al Centro  774.201, e in questo caso Roma, sede dei Ministeri, ha un peso particolare. 

Ma un altro dato salta agli occhi. Nella pubblica amministrazione il taglio dei contratti a tempo indeterminato al Sud è stato quasi il triplo che al Nord, il 5,8% contro l’1,7%. Come dire, nel Nord imprenditoriale il posto fisso pubblico fa gola e al Sud ci si deve accontentare di contratti precari, a termine, anche nel settore pubblico.

SANITÀ

In campo sanitario, come certifica la Corte dei Conti, è stato bypassato nelle regioni del Nord il limite previsto dalla legge di bilancio 2010 per la spesa del personale e ad avvantaggiarsene sono state Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna. Le regioni del Sud, di solito sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi, hanno avuto le mani legate, ma da qui è partito il circolo vizioso: poco ricambio di personale, scarsi servizi, la gente del Sud va a curarsi al Nord che riceve più finanziamenti anche per la “‘mobilità sanitaria”.   

IL MALATO LASCIA IL SUD? È UN AFFARE PER IL NORD

Il gruppo Ferrovie dello Stato ha finalmente deciso di accelerare gli investimenti al Sud, prevedendo nel periodo 2019-2023 una cifra pari a 16 miliardi di euro per interventi su Strade (Anas) e binari (Rfi), il 38% del totale di 42 miliardi (LEGGI LA NOTIZIA). Riprendono quota progetti come l’alta velocità sulla Napoli-Bari, priorità assoluta per il Sud, e in Sicilia la Palermo-Catania Messina. Il 24% di finanziamento, circa 10 miliardi, è stato previsto da risorse del gruppo, ma la parte restante deve essere coperta da investimenti dello Stato e delle regioni. E qualche dubbio viene.


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