X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

Chiacchiere eversive quelle che rischiano di diventare le promesse del Governo.

Cosi chiudeva il nostro Direttore il suo editoriale di ieri (LEGGI). E tale chiacchiericcio lo si ritrova in molti dei programmi e delle parole d’ordine che sono state lanciate. Una di queste si racchiude in quello che è diventato uno slogan, che si è propalato in tutto il Mezzogiorno. Non vi è chi non chieda una fiscalità di vantaggio, ormai.

A ragione peraltro è uno dei quattro punti che anche il nostro giornale ha sottolineato come indispensabili per la ripartenza. Ma come accade spesso la politica si appropria di una parolina sentita dire per caso per anni e, quando ritiene che sia il momento di buttarla nella arena, la lancia a viva voce. Come sta accadendo per il ponte sullo stretto di Messina. Dimenticando i presupposti di base che si devono verificare perché una certa ricetta funzioni.

Accade spesso anche nella ricerca: si fanno alcune ipotesi di base, che in realtà non si presentano quasi mai, si arriva ad un risultato e lo si sbandiera dimenticando completamente le ipotesi che si erano previste dovessero accadere. Bene la parolina magica è “fiscalità di vantaggio”.

Non ha alcun significato da sola e rischia di non conseguire alcun risultato se non si attuano tutte le condizioni di contorno che ne hanno reso la sua attuazione un successo in molti paesi. Fino ad ora parlare di fiscalità di vantaggio era impossibile. L’Unione non consentiva che in singoli paesi si potessero avere regimi fiscali differenti. La ratio era nella volontà di evitare forme di concorrenza anomale tra aziende dello stesso paese. Per cui è stato consentito alla Irlanda per prima di adottare fiscalità molto contenute ma in tutto il territorio nazionale.

Adesso a causa del virus ed in aree depresse o a sviluppo economico ritardato potrebbero essere permesse in talune realtà limitate di paesi aderenti di adottare aliquote differenziate. È il caso dell’Italia e quindi gli annunci e le richieste di una fiscalità di vantaggio per tutto il Sud. Ma prima di avere delusioni cocenti è meglio spiegare che la fiscalità differenziata o meglio compensativa ha lo scopo di attrarre nei territori investimenti dall’esterno dell’area, considerato che i capitali locali hanno dimostrato nel Sud che il massimo che potevano dare lo hanno già dato, visto che il mercato del lavoro e gli occupati relativi è fermo ai sei milioni e centomila occupati, compresi i sommersi, ormai da oltre 10 anni. Ma i capitali non si muovono soltanto perché in alcune aree vi sono aliquote più favorevoli.

L’attrazione di capitali è un meccanismo delicatissimo che prevede la convergenza di molti fattori. Perché si sa il risparmiatore ma anche il capitalista ha un cuore di coniglio e le gambe di una lepre. E va dove è sicuro che i soldi impiegati si moltiplichino, e non come i denari di Pinocchio seppelliti nella terra e che dovevano far crescere l’albero delle monete, ma dove vi sono tutte le condizioni perché l’investimento sia il più sicuro possibile.

Tra queste condizioni vi è la raggiungibilità dell’area dell’eventuale stabilimento e una forte repressione della criminalità organizzata che impedisca la presenza di pizzo o intimidazioni, che interferiscano nella gestione aziendale, quali imposizione di manodopera amica del potente locale, leggasi mafioso, criminale, ndranghetaro, camorrista o della sacra corona unita. La nascita delle ZES, zone economiche speciali, sta nella logica impossibilità di attuare tali condizioni in territori piuttosto ampi. Dall’unità d’Italia il nostro Paese non è riuscito ad avere Il completo controllo del territorio.

Per cui vi sono realtà totalmente off limits rispetto al controllo delle forze dell’ordine, soprattutto in Campania in Calabria ed in Sicilia. Per cui negli anni si sono mandati allo sbaraglio tanti servitori dello Stato, non riuscendo a proteggerli e facendo crescere una generazione di eroi che si sono dovuti sacrificare per le insufficienze di uno Stato lontano, qualche volta complice. Parlo della generazione dei Chinnici, dei Mattarella, dei Falcone, dei Borsellino, dei Cassarà e l’elenco di siciliani uccisi, ma in Calabria o in Campania non è diverso, sarebbe lunghissimo.

Per questo si è demandato alle Regioni del Sud di individuare dei territori limitati ad una percentuale ad una cifra di tutto il territorio regionale, dove consentire un controllo del territorio, la collocazione vicino ad un porto per avere la possibilità di collegamento ma anche semplificazioni, ed una fiscalità di vantaggio (finalmente), oltre che un cuneo fiscale differenziato che portasse il costo del lavoro per l’azienda ad un livello competitivo con le altre realtà a sviluppo ritardato dell’Europa, ma anche del mondo, che utilizzino tali strumenti.

Bene, se enucleiamo una delle condizione e la sbandieriamo come la ricetta per far crescere il Mezzogiorno abbiamo fatto solo un operazione di becera propaganda, che non potrà avere, anche se attuata, e la vedo dura per tutto il Sud, alcun effetto di promozione di sviluppo. Quindi per favore utilizziamo gli strumenti di politica economica con la delicatezza che richiedono.

Cosa diversa sarebbe se parlassimo di una fiscalità di vantaggio da proporre ai pensionati europei, dipendenti privati e pubblici, come la Tunisia o al Portogallo, che si limita però a quelli privati. In quel caso pensare di estenderla a tutto il Mezzogiorno potrebbe essere possibile, ma non parliamo di attrarre investimenti ma ricchi pensionati delle lande nordiche che potrebbero scegliere i nostri comuni, disabitati ormai, per venire a svernare scendendo dai loro freddi più difficili da tollerare.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE