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Il presidente Attilio Fontana

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Troppe spese. La Lombardia deve tagliare. E che fa? Dismette il call center dei siciliani, quasi mille  lavoratori che da oltre dieci anni rispondono da Paternò alle chiamate di chi da Milano e dal resto della regione vuole prenotarsi per una visita o per una analisi. Per fruire nell’Isola degli stessi servizi, loro, i centralinisti, aspetterebbero mesi e mesi, oppure dovrebbero mettersi in lista e iscriversi ai viaggi della speranza.

Il senso di frustrazione è grande. Ma questo è un altro discorso e poco importa. Importa che Aria Spa, l’azienda che gestisce il sistema sanitario lombardo, sperperando milioni e milioni di euro, sempre in ritardo su tutto, sia che si parli di mascherine, sia di vaccini, che sbaglia indirizzi e Cap, alla prima occasione metta in pratica il motto leghista, “prima i lumbard”.

Tutto lascia pensare che il contratto siglato nel 2015 con la società del call center siciliano non verrà rinnovato: a rischiare il posto saranno soprattutto i tanti precari e subordinati che potrebbero non essere ripescati da chi si aggiudicherà l’appalto. L’incertezza è grande. Le mansioni e la sede di lavoro resteranno le stesse? E il contratto, già ritoccato con tagli anche di 200 euro mensili, verrà rispettato?  Il piano di dismissioni verrà formalizzato dal Cda di Aria Spa, il prossimo 24 marzo.

L’IDEA DEI  FRATELLI D’ITALIA (ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA)

La giunta guidata dal presidente Fontana prende così una fava e due piccioni. Scarica su Lombardia contact srl, partecipata al 100% da Gpi, tutte le colpe sui disguidi di questi giorni. E si libera di una presenza ritenuta ingombrante già ai tempi di Roberto Maroni, quando si levava forte il grido “vengono dal Sud a rubarci il lavoro”.
In realtà, nessuno dei telefonisti s’è mai mosso dalla Sicilia. I numeri si digitano in Lombardia ma i telefoni squillano in provincia di Catania.

Un’”idea” di Romano La Russa – all’epoca consigliere e assessore della regione Lombardia, nonché fratello dell’ex ministro della Difesa, Ignazio, originari entrambi di Paternò – per trovare un’occupazione ai loro compaesani, sapendo bene che un giorno l’urna li avrebbe ricompensati. Un’idea – non v’è dubbio – di ordinario clientelismo campanilistico che scatenò l’ira funesta del Carroccio. «Prendiamo atto che il Pdl lombardo agisce secondo logiche estranee agli interessi dei cittadini lombardi considerando anche il fatto che il servizio reso è piuttosto scadente e non senza disagi per i pazienti che spesso si vedono consigliare ospedali troppo lontani da casa», si lamentarono, indignati, i seguaci del capo di allora, il senatur Umberto Bossi.

Le proteste montarono ma i siciliani puntarono i piedi e rimasero lì. All’altro capo della cornetta. E i cittadini di Paternò e Biancavilla, l’altro comune del Catanese dove ha sede uno dei due call center, si dichiararono riconoscenti ai fratelli La Russa, Fratelli d’Italia, antesignani,  ben prima che nascesse il partito della Meloni: «Avete dato lavoro a tanti ragazzi e a molti padri di famiglia», i messaggi di ringraziamento si sprecarono. 

LO STRANO CONTRATTO

Il timore di restare a spasso ora è grande. La precarietà si trascina da quando Lombardia Informatica cedette, nel 2014, con una gara pubblica, in cambio di 12,5 milioni di euro Lombardia Contact srl, il ramo d’azienda dei call center a Gpi spa. Quest’ultima – che gestisce il centro unico prenotazioni (cup) di numerose regioni italiane – in cambio ottenne una commessa da 20 milioni l’anno per la durata di 6 anni e si impegnò tramite la sua controllata a erogare servizi di contact center per le prenotazioni e assistenza sanitario.

La società, supportata da Unicredit che mise sul tavolo 10 milioni di euro, si strutturò su tre sedi: Milano, con una sessantina di dipendenti, Paternò e Biancavilla. Ed eccoci, dunque, ai giorni nostri, alla scadenza di quel contratto apparentemente assai svantaggioso per il Pirellone: incassava 2,5 ml per pagarne 20 ogni 12 mesi.

Nel 2019 Lombardia Informatica, partecipata al 100% dalla Regione, venne inglobata nel grande carrozzone di Aria Spa. E il cerchio si chiude. «Aria Spa è una sorta di regione parallela – sostiene Marco Fumagalli, consigliere regionale M5S – è il sottobosco del potere regionale. Dopo una serie di operazioni societarie, questo potere parallelo viene gestito tramite FNM, Ferrovia Nord Milano, dalla Lega e tramite Aria da FI e Fdl. Sarà curioso capire – continua Fumagalli – se il vento “nuovo” che ha portato la Moratti arriverà fino a imporre una governance credibile almeno in Aria Spa che a breve dovrà rinnovare il suo consiglio di amministrazione». Nel frattempo, il sistema sanitario regionale è andato in tilt a ripetizione. Sotto accusa è finita la piattaforma digitale, la software house sconnessa dagli ospedali. Mezzo piano vaccinale è saltato, i pazienti in attesa del vaccino sono rimbalzati da un nosocomio all’altro. 

E i siciliani? Nonostante la società Lombard contact abbia dichiarato un +18% di ricavi, l’azienda, che fa parte appunto del gruppo Gpi, non ha anticipato le retribuzioni in attesa che ai dipendenti arrivi l’avviso che i bonifici Inps sono arrivati. Mai come ora una telefonata ai telefonisti sarebbe gradita. 


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