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Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana

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VIVONO il passaggio da un colore all’altro come una forma di persecuzione. E sono pronti a contestare la nuova classificazione cromatica ancora prima che venga assegnata alla loro regione. Sono assediati dalle categorie che premono alle periferie del Palazzo. Vorrebbero aprire, restare aperti sempre e comunque. Anche con il Covid che circola indisturbato. Chi è zona rossa spinge per l’arancione, chi è arancione per il giallo. E così, anziché affidarsi a dati certi, ai parametri inequivocabili degli esperti, i governatori delle regioni italiane scaricano sull’esecutivo le pressioni che essi stessi ricevono.

Le chiusure sono forme estreme, terapie di gruppo per evitare che il contagio dilaghi. Lo sanno tutti oramai. Eppure chi le subisce continua a percepirle come una punizione calata dall’alto, una clamorosa ingiustizia. Il cartellino rosso per un fallo veniale da trasmettere un senso di frustrazione. Come dire: cittadini non è colpa vostra, sono loro che sbagliano con i dati e si accaniscono contro di noi. Succede in Lombardia, in Veneto, in Toscana ed è successo in Sicilia con morti. Riti spalmati per alleggerire i provvedimenti. In alcuni casi si sfiorano toni da supplica: «Auspico che il confronto di queste ore possa portare l’esecutivo Draghi a non cancellare la zona gialla per il mese di aprile – chiede Marco Marsilio, governatore abruzzese. Del resto, l’Abruzzo è alla seconda settimana consecutiva in cui mostra i valori da regione gialla e sta pagando il prezzo di una decisione che in questo particolare periodo ha eliminato tale colore».

Come se non fosse il numero dei decessi, quello delle terapie intensive occupate, i letti disponibili, i contagi e l’indice Rt a decidere la sorte di ogni regione ma un consesso di scienziati annoiati.

Stessa musica da Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo chiesto che rispetto ai dati che si presenteranno nei diversi territori si possano prevedere tutte le zone che conoscevamo prima, quindi se i dati sono bassi non vedo perché eliminare la zona gialla. Mi sembra una cosa di buon senso – ha continuato Fedriga – cercare di dare delle regole che possano metterci davanti degli obiettivi dopo un anno di restrizione». La zona rossa a prescindere no, insomma. Una richiesta ragionevole. L’altro numero che non fa dormire ai presidenti delle regioni sonni tranquilli è quello dei vaccinati.

Una classifica che i talk show mostrano continuamente alimentando una competizione che finora non si è tradotta in capacità ed efficienza, Al punto che Fabrizio Curcio, il capo del Dipartimento della Protezione civile ha dovuto chiarire che i dati non vanno letti come una graduatoria per stabilire chi tra i governatori è il più bravo. «Vanno letti con grande attenzione perché alcune regioni hanno pensato di lavorare più sugli anziani isolati, altre hanno adottato altre metodologie, in molti casi ci sono differenze territoriali di cui tener conto, ci sono ad esempio le regioni che si sviluppano sull’arco appennino dove il trasferimento è molto più complicato». Che è un po’ come ammettere che si è proceduto in ordine sparso, ognuno è andato per conto suo.

ARRIVA IL GENERALE FIGLIUOLO. LOMBARDIA COMMISSARIATA (DI FATTO)

Che la pressione si faccia sentire è sotto gli occhi di tutti. Prendiamo di nuovo Fabrizio Curcio. Sentito ieri in Commissione Affari sociali per fare il punto sullo stato di attuazione del Piano strategico nazionale sui vaccini ha detto la verità. E cioè che «il tema della Lombardia è collegato all’informatizzazione della struttura che è alla base delle azioni di vaccinazioni». Riferimento al fatto che il centro prenotazioni gestito da Aria Spa è un colabrodo che fa acqua da tutte le parti.

Ma più ancora che le varie strutture, cioè gli ospedali, le Ats, non sono connessi tra loro. Un lavoro che avrebbe dovuto fare Lombardia Informatica, una delle società assorbite dal grande carrozzone lombardo. Così che ora, in attesa di capire come uscire dall’impasse, è toccato agli ospedali convocare gli ultra 80enni. Curcio, per dare un calcio al cerchio e uno alla botte, ha detto anche che la Lombardia è ora la Regione che ha vaccinato di più a livello nazionale ed è cruciale per il Paese (essendo anche quella che sforando gli 11 milioni di abitanti è la più popolata). Curcio ha ribadito che servono piani mirati per portare le regioni a 500 mila vaccini al giorno.

Oggi il capo della Protezione civile e il generale Figliuolo, commissario all’Emergenza, sono attesi a Milano. Si va profilando un commissariamento di fatto. Il Pirellone, dopo i disastri, verrà sollevato da tutte le scelte strategiche della campagna vaccinale. Una rimozione della giunta Fontana avrebbe avuto ricadute sul governo e sulla Lega, cosa che in questo momento è meglio evitare.

QUATTRO MILIARDI ALLE REGIONI

La pressione dei governatori si esercita anche su un altro terreno altrettanto strategico. Le risorse. E proprio ieri la ministra per la coesione territoriale Mara Carfagna ha annunciato che sono in arrivo per le regioni 4 miliardi di euro, rimborsi per le spese sostenute nel 2020 per l’emergenza Covid. Fondi sottratti a progetti e investimenti di coesione territoriale. «Per la prima volta – ha specificato la Carfagna – oltre alla popolazione e al disagio socio-economico la ripartizione è calcolata sulla base di un criterio di premialità per le regioni che hanno investito meglio i fondi 2014-2020». Purché a rimetterci non sia il solito Mezzogiorno.  


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