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Giorgia Meloni

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“Non mi stupirei se quella bozza del Ddl Calderoli l’avesse fatta girare proprio qualcuno della Lega…”. In che senso, scusi? “Il ministro conosce meglio di tutti le dinamiche che si scatenano quando si parla di autonomia differenziata. Conosce le virgole, i puntini e sa dove non bisogna mettere i punti esclamativi, Non poteva non sapere che quel testo in aperto contrasto con la Costituzione sarebbe stato rigettato al mittente, che per Fratelli d’Italia non sarebbe mai passato”. E allora perché lo ha fatto? “Perché la bandiera dell’autonomia è identitaria, fortemente riconoscibile. E così mette in difficoltà la Meloni che come avete scritto voi la pensa esattamente all’opposto ma non può dirlo per non rompere la luna di miele con il Nord, dove FdI ha preso il doppio dei voti di Salvini. Ma al tempo stesso Giorgia deve fermarlo se vuole mettersi contro il Mezzogiorno e Roma”.

Colloquio “riservatissimo” con un autorevole esponente del centrodestra che per motivi evidenti vuol rimanere dietro le quinte. “Aspettiamo, vediamo come evolve la situazione, in caso parlo…”. Il vertice dei ministri si è appena concluso. Dal vivo e in video-conferenza si è parlato del tema del giorno: la bozza del disegno di legge dell’autonomia differenziata. Nove articoli in cui, anche detta del fior fiore dei costituzionali, si buttano a mare i principi cardine della nostra Carta.

Una “proposta indecente” secondo alcuni presidenti delle Regioni, come Michele Emiliano e Vincenzo De Luca. In cui si passa un colpo di spugna anche su vincolo dei Lep, la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni senza i quali la distribuzione delle risorse continuerebbe ad essere iniqua e a tutto vantaggio delle regioni del Nord. Per non parlare del residuo fiscale e di tutto il resto – ad esempio il riferimento alla spesa storica – che sembrano messi apposta nel testo per scatenare la reazione di una parte del partito democratico e dei sindacati. Cosa che puntualmente è accaduta.

Ora Calderoli dice che “le richieste legittime verranno prese in considerazione mentre quelle strumentali no”. E innesta la retromarcia. Ma chi ha tirato il freno a mano è stata Giorgia Meloni che due legislature fa aveva presentato una proposta di modifica costituzionale per correggere “il regionalismo differenziato” senza sapere che qualche anno dopo se lo sarebbe ritrovato in casa. Un boomerang. Il dietrofront del ministro agli Affari regionali era stato ampiamente previsto. Una strategia pianificata a tavolino.

Stanare l’alleato forzando la mano su quello che da sempre è il core business del Carroccio: la secessione fiscale del Veneto e della Lombardia, dove si voterà tra circa 3 mesi e la rielezione di Attilio Fontana è tutt’altro che scontata. A pensarci bene la tattica è la stessa che la Lega e il suo leader Salvini stanno mettendo in campo con l’immigrazione. Scene già viste di un copione scontato per trascinare la Meloni su un terreno che il presidente del Consiglio, con tutti i problemi che ogni giorno deve affrontare, preferirebbe evitare. La Lega ha invertito l’ordine delle priorità ma parla all’Italia di ieri, quella che poteva dedicarsi ad altro che non aveva il problema dell’inflazione all’!!%, il caro-bollette e uno scenario di una guerra che se un missile cade nel posto sbagliato diventa nucleare”.

Ma dicevamo del dietrofront. Una marcia indietro talmente veloce da far dire a Calderoli che non solo si rimetterà mano al testo trasformando quel Porcellum 2 in qualcosa di più commestibile ma anche che la riforma andrà di pari passo con i dossier del presidenzialismo e di Roma Capitale. “Abbiamo condiviso il percorso” – ha detto il ministro a conclusione del vertice – ma ragionevolmente i tempi che porteranno alla definizione credo saranno molto simili». Ovvero che la legge ordinaria necessaria per approvare a maggioranza assoluta l’autonomia differenziata avrà gli stessi tempi di una riforma costituzionale. Come dire che Calderoli ha abbassato la cresta. Nel testo originale si davano al Parlamento 30 giorni di tempo ora tutto è rinviato a data da destinarsi. Francesco Lollobrigida, ministro all’Agricoltura conferma in un flash: “Si procederà in parallelo con il presidenzialismo”.

Che la Meloni lo abbia strigliato a dovere, è molto più di una supposizione. Che certe accelerazioni di Calderoli su materie così scivolose “non portano da nessuna parte” è la certezza. Fin qui il retroscena. Compreso Carlo Calenda, favorevole all’autonomia differenziata ma solo «se è di buon senso, se è quella di Bitonci che dice di insegnare il veneto ai veneti è una follia. Che famo, la scuola regionalizzata?». In Italia parliamo sempre di cavolate – ha sorriso il leader di Azione, intervistato a Raiuno – adesso il problema è insegnare il veneto? Nel mondo il problema è se si parla veneto? Se uno lo vuole parlare lo parlerà in famiglia, glielo devo insegnare? Allora mettiamo il Doge. La Meloni è nazionalista, cavolo, fai la nazionalista per una volta!».

Il resto è teatrino quotidiano. Il presidente della Conferenza delle regioni Massimiliano Fedriga che conferma: “quella bozza è un testo aperto”. I sindacati che esultano perché l’allarme è rientrato e per qualche mese non si parlerà più di regionalizzare Scuola, Trasporti, energia. Esultano anche i sindacato dei Medici di famiglia “contrari che la salute possa essere demandata in modo esclusivo alle Regioni, alla luce delle gravi inefficienze mostrate nel contrasto alla pandemia”.

In definitiva infatti il punto di caduta sono i servizi. Le mense, gli asili nido, l’assistenza, la possibilità di assicurare ovunque gli stessi diritti senza creare cittadini di serie A e di serie B.


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