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Filippo Spiezia

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Napoletano Gli altri Stati, per esempio la Germania, l’Olanda, il Regno Unito, ma anche gli Usa, il Canada o l’Australia come sono attrezzati in termini di normativa antiriciclaggio? Sono avanti o indietro rispetto all’Italia, anche dal punto di vista degli accertamenti patrimoniali?

Nicola Gratteri: Faccio rogatorie con l’Europa da 30 anni. Il trend è stato altalenante, ogni tanto capita la fortuna di incontrare un pm sensibile, altre volte meno, ma tendenzialmente man mano che si risale in Europa c’è sempre meno la consapevolezza della permeabilità degli Stati alle mafie.

Antonio Nicaso:  Sono stato a Bruxelles con Spiezia a parlare di queste tematiche e in quell’occasione ho sottolineato che nel rapporto Europol si parlava di 5000 gruppi criminali oggetto d’indagine in Europa. Sarò felice di leggere che nel rapporto Eurojust 2019 le famiglie censite sono 100 e riconducibili alla criminalità mafiosa. C’è un problema di definizione e bisognerebbe sederci attorno a un tavolo per fare dei distinguo tra la criminalità organizzata e quella di tipo mafioso. Altrimenti, si farà fatica a combatterle. La mia percezione da storico è che negli anni in Europa le mafie siano state considerate più come opportunità che come minaccia, specie quando hanno ridotto l’uso della violenza. Soprattutto all’estero si tende ad associare le mafie alla violenza, e quando i clan mafiosi si muovono sotto traccia vengono sottovalutate. Ma così si sottovaluta l’impatto delle mafie sul Pil, sull’economia, sulle regole dell’economia come la libera concorrenza. Quando non utilizzano la violenza vera e propria, le mafie utilizzano un altro tipo di violenza, quella psicologica dell’intimidazione che non necessita dell’uso della forza esplicita e praticata, ma riesce comunque a condizionare la volontà delle persone. Nei Paesi di common law in materia di riciclaggio si usa il diritto civile e non c’è la possibilità di fare accertamenti patrimoniali come quelli che si fanno in Italia, perché bisogna precisare e spiegare la natura del reato presupposto. In Canada, uno dei Paesi in cui la ‘ndrangheta investe di più, c’è una sottovalutazione del problema e non esiste il reato associativo e non si utilizza una legislazione tale da facilitare il sequestro e la confisca dei patrimoni illecitamente conseguiti. L’Interpol con la sua ultima iniziativa di attacco globale ha cercato di introdurre la consapevolezza delle mafie come soggetti che riescono ad alterare le regole del gioco ma va ricordato che chi ha finanziato quel progetto ancora in itinere è l’Italia e gli altri Paesi si sono adeguati, anche se fanno fatica a comprendere la mutazione genomica delle mafie che anche quando non sparano sono pericolose, o forse lo sono ancora di più perché inquinano l’economia e impoveriscono i territori che controllano.

Filippo Spiezia: Il settore anti riciclaggio è quello in cui si registra il livello più alto di contraddizione tra l’entità dell’apparato normativo messo in piedi dalla comunità internazionale e dagli Stati e la quantità di sistemi normativi e i risultati conseguiti. A livello teorico le normative antiriciclaggio sono ben congegnate, peraltro in adeguamento a direttive europee. La materia è regolata dal diritto sovranazionale. Il problema è l’attuazione. Qualche esempio concreto. In un caso di presunto riciclaggio in un Paese dell’est europeo di un soggetto condannato per traffico di droga a 16 anni, che ha costituito una miriade di società direttamente o indirettamente riconducibili a una famiglia mafiosa, ho impiegato sei mesi per convincere un mio collega a accettare una richiesta di accertamento. Ben lontani siamo dalla proposta originaria di costituire una squadra investigativa comune. L’obiezione formulata dai partner europei quando chiediamo loro di investigare sul riciclaggio? Sono sempre alla ricerca della prova del reato presupposto. Il salto di qualità che fa l’investigatore italiano è la capacità di mettere in campo un approccio globale rispetto al patrimonio mafioso attraverso una verifica di proporzione tra l’entità dei redditi e le ricchezze lecite e illecite e il suo trascorso criminale. Questo meccanismo è sconosciuto alle esperienze dei nostri partner europei e si traduce in una difficoltà ad aggredire all’estero i patrimoni illeciti. La Commissione europea in occasione della preparazione per il nuovo Regolamento per l’adozione di misure di sequestro e confisca ha stimato che il 98 per cento dei patrimoni illeciti o comunque riconducibili alla criminalità sfugge ancora ad atti di sequestro e confisca. Il che significa che siamo assolutamente perdenti sotto il profilo del contrasto patrimoniale.

Napoletano Il 98 per cento, è praticamente tutto… mamma mia!  Torniamo all’Italia. Bisogna arrivare alla licenziabilità degli statali e dei burocrati perché cambi qualcosa nel nostro Paese o saremo prigionieri in eterno di virologi che da quattro mesi ci dicono quello che ci diceva la nonna (lavati spesso le mani) e aggiungono: mettiti la mascherina e non avvicinarti troppo alle persone?

NIcola Gratteri: Proporrei una cosa che forse non è possibile, che l’impiegato pubblico 30 giorni l’anno andasse a lavorare nel privato per acquisire maggiore consapevolezza del ruolo e della funzione ricoperta nel settore pubblico. Molte volte ci vorrebbe un po’ più di amor proprio per avere un’Italia più competitiva. Ci sono grandi eccellenze tra i quadri e i dipendenti della Pubblica amministrazione ma anche una gran massa di vagabondi e di gente che non si impegna e questo non ci aiuta a uscire dalla crisi. Ho parlato col presidente dell’Abi e ho cercato di dire che occorrerebbe cambiare approccio, abbassare la soglia di rischio e degli interessi, altrimenti se crolla il sistema economico italiano crollano anche le banche. Anche loro devono rischiare, uscire dai parametri di sicurezza, finire di prestare i soldi a chi già ce li ha.

Napoletano Questo tema riguarda anche la burocrazia ministeriale che si è moltiplicata e aggiunge istruttorie a istruttorie di merito bancario che escludono chi negli ultimi 30 anni abbia avuto una segnalazione alla centrale rischi per un qualunque tipo di problema. Praticamente quasi tutte le piccole imprese meridionali. Le banche avevano chiesto garanzie allo Stato e non sono arrivate, ma   il punto non dovrebbe essere un altro e, cioè, se l’impresa che vado a finanziare è sana o no?

Nicola Gratteri: Qui deve venire in aiuto lo Stato altrimenti non se ne esce. Mi riferisco a un’impresa che ha un progetto, altrimenti finiamo nell’assistenzialismo e tu da bancario devi essere in grado di capire se può reggere nell’economia. Qui deve calare l’asso lo Stato.


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