X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

COSENZA – «Ho dato mandato al mio avvocato, Antonio Cersosimo, di sporgere querela per diffamazione nei confronti del sig. Filippo Facci, autore del libro “La guerra dei 30 anni”, edito da Marsilio».

Esordisce con queste parole Pietro Mancini, presidente della “Fondazione Giacomo Mancini” nel rendere nota l’iniziativa, presa a suo dire a scopo tutelativo della memoria del padre Giacomo. «In alcune pagine del volume – spiega Pietro Mancini – il Facci ricorre a espressioni offensive e irriguardose, indirizzate a mio padre, l’on.Giacomo Mancini (1916-2002), “colpevole”, soprattutto, a giudizio dell’autore, di aver risposto alla convocazione del pool “Mani pulite” di Milano, che stava indagando, nel 1992, sui finanziamenti illeciti ai partiti, tra i quali il Psi, che lo statista calabrese aveva guidato per 2 anni».

In particolare, «come hanno sostenuto numerosi osservatori, storici imparziali e come ho scritto io stesso nel libro “….Mi pare si chiamasse Mancini”, l’ex segretario spiegò a Tonino Di Pietro i meccanismi, che regolarono i finanziamenti al Psi, durante la sua breve leadership, e le differenze con la lunga epoca della segreteria di Craxi. Un’ampia e argomentata illustrazione politica, non un’accusa al suo successore di aver commesso reati, come scrissero i giornali, nel novembre del 1992, in primis il “Corriere della Sera”».

Ma «Facci ignora, completamente, questo aspetto rilevante – spiega Mancini junior – prima come consulente “storico” di 1992, una fiction di Sky, e poi nel suo libro, in cui offende una personalità, come Giacomo Mancini, stimata da amici e avversari, accostandolo al boss mafioso, poi “pentito”, Tommaso Buscetta».

Una difesa “doverosa”

A questo punto per Pietro Mancini è «doveroso, come figlio e Presidente della “Fondazione Giacomo Mancini”, sottoporre alla verifica dei giudici i “coraggiosi” attacchi e le contumelie, rivolte  post-mortem al Leone socialista. Mancini ha combattuto, spesso da solo, a viso aperto, le sue battaglie politiche, non ricorrendo, mai, a metodi “infami”, come, con eleganza, li definisce il Facci».

Mancini poi aggiunge: «Credo che l’insistenza di alcuni, fortunatamente pochi, craxiani nell’inventare gombloddi e “cattivoni” per motivare l’ingloriosa fine del centenario Psi e la molto triste (anche per mio padre) scomparsa di Bettino, ad Hammamet, sia molto più comoda rispetto all’ammissione e all’analisi dei gravi errori, politici, commessi in quel drammatico periodo», mentre «quanto a Giacomo Mancini, le calunnie contro un leader scomodo, e molto avversato in vita, continuano, 20 anni dopo la scomparsa, anniversario ricordato, tra gli altri, da Claudio Martelli, per decenni il politico più vicino a Craxi.Come Fondazione, intitolata a Mancini, difenderemo, in ogni sede, la sua memoria. E non subiremo, in silenzio, le calunnie e gli attacchi livorosi».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE