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Mario Oliverio

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Nuovo terremoto politico innescato dall’operazione Glicine, l’ex governatore Mario Oliverio accusato con altri di associazione per delinquere

L’operazione Glicine, scattata ad opera dei Carabinieri del Ros con il coordinamento della procura distrettuale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, mette al centro del proprio operato tutta una serie di accuse di vari reati a carico di ben 123 indagati ma il primo capo di imputazione è un vero e proprio terremoto politico.

Accusati a vario titolo di associazione per delinquere e associazione per delinquere di stampo mafioso (artt. 416 e 416 bis) ci sono alcuni tra i maggiori esponenti politici e dirigenti calabresi. Al capo d’accusa 1, infatti risultano indagati Nicola Adamo, Mario Oliverio, Vincenzo Sculco, Giancarlo Devona, Sebastiano (Sebi) Romeo, Francesco Salvatore Bennardo, Giuseppe Germinara Ernesto Iannone, Ambrogio Mascherpa, Nicola Santilli, Pietro Vrenna, Nicodemo Parrilla, Francesco Masciari, Artemio Laratta e Giovanni Mazzei.

OPERAZIONE GLICINE, L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE CHE COINVOLGE OLIVERIO E ADAMO

In sostanza, per l’accusa «agendo d’intesa tra loro, ricoprendo ciascuno di essi un preciso compito si associavano al fine di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare tra l’altro delitti di turbata libertà d’incanti, turbata libertà di scelta del contraente, corruzione, abuso di ufficio, nonché reati elettorali». In particolare avrebbero agito «in relazione alla necessità di implementare una intesa politica, volta ad accrescere il peso specifico dei soggetti politici di seguito menzionati, nel Consiglio regionale della Calabria, nei consigli Provinciali e nei consigli comunali, in particolare quello di Crotone, attraverso una serie di riunioni programmatiche, tenutesi, tra l’altro, in uffici riservati della Regione» elaboravano una strategia, o meglio secondo l’accusa un’accordo.

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Qual era questo accordo? Secondo la procura guidata da Nicola Gratteri Vincenzo Sculco «leader della formazione politica “i Demokratici”, personaggio influente sul territorio della provincia di Crotone, avrebbe appoggiato la formazione politica riconducibile a Mario Oliverio, presidente della Giunta Regionale della Calabria (dal 9 dicembre 2014 al febbraio 2020), facendo convogliare un consistente pacchetto di voti da attingere dal proprio bacino elettorale, in occasione delle elezioni regionali da effettuarsi tra il 2019/2020, in cambio dell’appoggio della candidatura di Flora Sculco Flora, figlia di Vincenzo, che si sarebbe candidata quale consigliere regionale». Inoltre, «allo stesso modo, Sebastiano Romeo, consigliere regionale di Reggio Calabria avrebbe anch’egli sostenuto Oliverio».

I DETTAGLI DELL’ACCORDO TRA OLIVERIO E SCULCO

L’accordo in questione «comportava, nel dettaglio, al di là dell’apparentamento politico, la commissione di una sequela indeterminata di reati, alcuni dei quali disvelati e contestati nei capi seguenti, funzionali ad accrescere il peso specifico elettorale, attraverso incarichi fiduciari, nomine e assunzioni, di matrice esclusivamente clientelare, in enti pubblici, nella prospettiva di ottenere il voto, nonché affidando appalti anche a imprese i cui titolari avrebbero assicurato l’appoggio elettorale».

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A seguire, poi, la Procura enumera tutta una serie di operazioni che, secondo il pool di Gratteri, sarebbero state funzionali all’obiettivo. Si va da azioni tese ad ottenere una “penetrazione nel comune di Crotone” attraverso la nomina di dirigenti che la procura definisce “graditi” come Giuseppe Germinara ai Lavori Pubblici, al presunto condizionamento di appalti pubblici con affidamenti diretti, ad azioni volte ad ottenere una «penetrazione nella società partecipata del comune di Crotone, Crotone Sviluppo Spa» con l’individuazione di direttori generali graditi, sempre secondo la procura, a Vincenzo Sculco.

Analoga operazione sarebbe stata svolta, secondo il capo d’accusa, per la provincia di Crotone, anche attraverso «un condizionamento del voto nel 2017», oltre che con «il condizionamento di appalti pubblici» e «la sollecitazione di nomine gradite». Nell’accordo sarebbe entrata anche l’Aterp unica regionale e la nomina a direttore generale di Ambrogio Mascherpa, “penetrata” anche attraverso i meccanismi sugli appalti pubblici e gli incarichi a professionisti.

OPERAZIONE GLICINE, L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE: ANCHE L’ASP DI CROTONE COINVOLTA NELL’ACCORDO TRA OLIVERIO E SCULCO

Non sfuggirebbe all’accordo neppure la gestione dell’Asp di Crotone «mediante la precisa concertazione – si legge nel capo d’accusa – tra Oliverio, Devona, Sculco, e Adamo» circa «la rimozione del direttore generale Sergio Arena, persona sgradita a Vincenzo Sculco, e la preposizione di una figura di figura di vertice che che assicurasse un segnale di discontinuità con il passato, nella specie Antonello Graziano, che avrebbe contribuito a nominare Masciari e Brisinda, legati – conclude – a Sculco».

E poi ancora, incarichi regionali, attività tramite Azienda Calabria Lavoro, posti di sottogoverno regionale, tutta una serie di attività considerati alla base della stessa “associazione per delinquere”.

L’ACCUSA DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA E IL PARERE DEL GIP CHE LA ESCLUDE

Per quanto riguarda l’accusa di associazione di stampa mafioso, la contestazione nasce dall’ipotesi della procura che «con le condotte in parola contribuivano a salvaguardare gli interessi della compagine associativa di tipo ‘ndranghetistico di riferimento, in particolare le cosche di Papanice e Cutro, ciò attraverso: l’assegnazione di appalti a imprese collegate alle cosche di quei territori; la gestione della fiera Mariana di Crotone a Gaetano Del Poggetto, che in tal guisa avrebbe avuto il monopolio delle estorsioni in quel contesto, con le quali alimentare le casse della cosca Megna di cui – sostiene l’accusa – è intraneo; approfittare del peso specifico di soggetti quali Giancarlo Devona, soggetto imparentato – prosegue l’ordinanza – con la famiglia Megna, per l’ottenimento di voti sul territorio di Papanice, che avrebbe beneficiato di favori in quell’ambito».

Tuttavia il gip appare di opinione diversa in quanto scrive che «va infine, esclusa, anche la contestata aggravante della finalità agevolatrice di cui all’art. 416 bis c.p., richiamandosi sul punto le argomentazioni già spese con riferimento ai singoli capi di imputazione. Non essendo emersi nel corso della complessa attività investigativa, elementi per ritenere che l’associazione fosse in qualche modo servente rispetto agli interessi delle cosche dei territori di Papanice e di Cutro, né che i proventi di tale attività siano confluiti anche in parte nelle casse. Il solo specifico episodio – conclude sul punto – che si connota in termini di mafiosità è quello relativo all’aggiudicazione della fiera mariana (per il quale questo giudice ha ritenuto sussistenti gli interessi della cosca per il tramite della figura di Del Poggetto), ma si tratta dell’unica situazione che si ricollega ad ambiti di criminalità organizzata e coinvolge la sola persona dello Sculco, elementi di per sé insufficienti a ricondurre l’intero contesto associativo agli interessi della criminalità organizzata del crotonese»

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