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GOVERNO e regioni litigano su tutto ma su un punto sono d’accordo: per velocizzare la campagna vaccinale sarà decisivo il ruolo dei medici di base. Lo ripete da giorni come un mantra il generale Paolo Francesco Figliuolo, commissario all’emergenza Covid 19. Lo ha ribadito di recente Massimiliano Fedriga, che presiede la Conferenza dei governatori. Lo dicono da sempre tutti i quasi i virologi, che pure non la pensano mai allo stesso modo. Sarebbe bastato però dare un’occhiata all’ultimo annuario del Servizio sanitario nazionale, curato dal ministero della Salute, per verificare con mano l’effetto delle scelte compiute dai vari governi negli ultimi anni.

I NUMERI DELL’EMORRAGIA

«Hanno depauperato la nostra sanità», punta il dito decisa Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici di famiglia. Negli ultimi 10 anni, tra pubblico e privato, sono stati tagliati circa 43.000 posti letto. Il personale sanitario del Ssn pubblico  ha registrato in un decennio 42.000 unità in meno: nello specifico, 5.000 medici in meno. Erano 107.000 circa nel 2010, nel 2019, ultimo dato ufficiale disponibile, sono scesi a 102.000. I medici di famiglia, dai 45.000 circa che erano nel 2010, sono diventati 42.000 nel 2019 (-3.000). In diminuzione anche i medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) che dai 12.000 del 2010 sono diventati 11.500 circa nel 2019.

«Questo scenario – sostiene  Onotri – conferma la necessità di misure strutturali, sia per incrementare il numero dei medici e dei dirigenti ospedalieri, sia per quanto riguarda la medicina generale convenzionata». Le criticità emerse con la pandemia richiedono politiche innovative. Formazione, investimenti,  drastica riduzione delle liste di attesa che restano il vero vulnus per la salute degli italiani. Lo  Smi chiede l’apertura di una «nuova stagione di assunzioni». Risorse e competenze umane implementate, infrastrutture edilizie, tecnologiche e digitali valorizzate.

RAPPORTO STATO-REGIONI DA RIFORMULARE  

E arriviamo al punto critico del sistema: la necessità di riformulare il rapporto tra   Stato e Regioni. «Perché –  continua Onotri – i concorsi sono banditi dalle Regioni, che molto spesso affrontano in modo difforme la carenza di professionisti medici nei servizi sanitari regionali». La carenza di camici bianchi investe in particolar modo  il ruolo chiave del medico di famiglia e dell’area convenzionata.

«Nei prossimi 5-8 anni migliaia di medici di famiglia andranno in pensione», lancia l’allarme il sindacato. Una scuola di specializzazione in Medicina generale – cure primarie e  medicina  di comunità, consentirebbe a tanti giovani medici di avviarsi alla professione. La drammatica esperienza della pandemia da Covid 19 dovrebbe averci insegnato qualcosa. L’importanza della  rete territoriale di medicina convenzionata che comprende, oltre alla medicina di famiglia,  la continuità assistenziale, il 118, la medicina dei servizi.  

«Siamo convinti – dice Onotri – che si debbano  ricostruire le condizioni per rinsaldare il patto di solidarietà tra medici e cittadini, a partire da un aumento delle retribuzioni per tutti i medici che lavorano nel sistema pubblico, per scongiurare l’emigrazione verso l’estero e valorizzare le  professionalità; prevedere nuove tutele per chi lavora nell’area della medicina generale e pari opportunità per i medici donna».

L’assistenza, cosiddetta, primaria, i servizi di urgenza emergenza (118 e guardia medica) nonché la medicina dei servizi, presentano spaventose carenze di organico. Il territorio è stato gradualmente abbandonato. La carenza dei medici di famiglia è ormai drammatica ed è comune a quasi tutte le regioni. Le borse di studio messe  disposizione per la medicina generale non soddisfano il  fabbisogno. Eppure molti concorsi vanno deserti.

LE CRITICITÀ

Per formare un medico, tra laurea e specializzazione, servono almeno 10 anni. In questo scenario preoccupante la  Lombardia, che si definisce “locomotiva d’Italia” , si colloca  ai primi posti tra le regioni ove le perduranti criticità della sanità territoriale, derivanti dalla carenza dei medici di medicina generale, sono maggiormente accentuate dai pensionamenti. In questo quadro la chiamata in soccorso di Figliuolo e l’appello dei governatori rischiano di cadere nel vuoto: «Ci sono piovuti addosso compiti aggiuntivi a colpi di decreto, mai contrattualizzati, né dal punto di vista economico né dal punto di vista organizzativo, come ad esempio, il rilascio del green pass, che in tutta Europa viene rilasciato e inviato ai cittadini che sono stati vaccinati direttamente in modalità  elettronica, mentre in Italia il compito viene demandato agli studi dei medici  famiglia».  

Questa gestione sta pesando moltissimo sul lavoro dei medici di famiglia. Si riduce l’offerta sanitaria ospedaliera per gli effetti dell’emergenza Covid, slittano le date per le visite specialistiche di controllo.

Una situazione, insomma,  che non si può definire incoraggiante. Anzi.  Amara la conclusione della dottoressa Onotri:  «L’intera  categoria è in burn out, (esaurimento emotivo, ndr): i giovani medici si guardano bene dal partecipare al concorso per la formazione in medicina generale; anche perché i medici non guadagnano tanto come si vuol far credere, mentre  i costi di gestione sono lievitati e i compensi sono fermi al palo da 20 anni, senza contare che la professione è stata svilita e demansionata. I giovani medici fanno altre scelte e allo stesso tempo chi può scappa da questa situazione andando  in pensione».


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