X
<
>

Henry Miller

Condividi:
6 minuti per la lettura

Raccontare Henry Miller è impresa non da poco. Scoprirlo – tra le sue pagine – equivale a immergersi in un caos fagocitante. La sensazione iniziale è quella di trovarsi in un luogo sconosciuto, in una specie di mondo parallelo. Immersi nel buio, come avvolti in un magma – materia informe che potrebbe essere contenuta in uno spazio angusto oppure estendersi all’infinito. Un mondo parallelo in cui non c’è distinzione tra terra e cielo. Un mondo originale. Un mondo uterino. In cui pare proprio di affogare.

Basta smettere di agitarsi: aprire gli occhi, lasciarsi ondeggiare, respirare a pieni polmoni. Tutto svela una sua chiarezza, una sua logica, una sua specie di ordine. Nelle pagine di Miller l’autobiografia si mescola al resoconto onirico e alle meditazioni filosofiche. L’autore non si focalizza su nulla. La sua attenzione – e quindi anche la nostra – viene continuamente deviata dal proprio oggetto, disperdendosi schizofrenicamente in mille direzioni.

La trama è totalmente subordinata a una ricostruzione della vita dell’io più interiore. La parola, come una profonda corrente oceanica, emerge in superficie per un proprio impulso: scrivere è un atto privo di volontà. Pragmatismo sotto forma di descrizioni e acute osservazioni del reale; incantesimo e fantasticheria nelle immagini visionarie e nelle divagazioni oniriche.

Miller è talmente autentico da essere volgare, talmente limpido da sembrare delirante, talmente travolgente da risultare osceno. Lui, immerso in quel magma, si ritrova perfettamente. E così, alla fine ci ritroviamo anche noi. La comprensione, tutto sommato, è un fatto relativo. L’autore lo sa bene: “Se divenissi incomprensibile sarei capito immediatamente.” Per quanto recondito, l’utero è il nostro primo mondo. Per quanto dimenticato, esso ci appartiene poiché noi per primi gli siamo appartenuti. Leggendo Miller, per una volta il piacere viene non tanto dall’intendere quanto dall’essere intesi.

In un saggio del 1940 (Nel ventre della balena), George Orwell scrive di lui: “La mia opinione è che sia il solo scrittore in prosa che abbia immaginazione e valore, apparso negli ultimi anni tra i popoli di lingua inglese […] Miller è uno scrittore fuori dell’ordinario […] completamente negativo, non costruttivo e amorale […].” Proseguendo, parafrasandolo: come Jonah, Miller è uno che si lascia risucchiare dalla balena dentro il suo ventre senza opporvi alcuna resistenza, “uno che accetta passivamente il male”. Miller è la voce più dirompente della “Lost Generation”.

Supera le forme di letteratura tradizionali e sviluppa una tipologia inedita di romanzo basata su un personalissimo intreccio sperimentale di narrativa memorialistica, romanzo tradizionale, diaristica di impostazione filosofica e saggistica d’analisi e di critica sociale, il tutto articolato con un ampio utilizzo di tecniche letterarie d’avanguardia, quali il flusso di coscienza e la scrittura automatica di matrice surrealista. L’opera milleriana costituisce una spinta propulsiva imprescindibile per la letteratura americana che viene dopo: espressione della “Beat Generation” di fine anni Cinquanta, a cui fa seguito la cultura – o contro cultura – underground a partire dagli anni Sessanta. Il mondo uterino di Miller ha un odore forte. Scrivere significa esplorare, compiere un viaggio metafisico: è un modo di accostarsi alla vita indirettamente, acquisendo un punto di vista totale anziché parziale.

Il mondo uterino di Miller odora di vita: è un odore putrido ma quando lo annusi ha qualcosa di così familiare che vuoi solo continuare a respirarlo ancora. È odore acre di vero, come dice lui stesso: “Il mio fine – forse sciocco – è stato di dire la verità, di rivelare me stesso il più a nudo possibile. Naturalmente ho messo il mio aspetto peggiore a tinte fosche… Ricordati, la vita è sempre più strana dell’immaginazione. Più vera, più reale, più fantastica, più poetica, più terribile, crudele e affascinante…”.

Mettersi a nudo – il più a nudo possibile – significa esplorare il sesso e il desiderio senza reticenze. Miller crea personaggi passionali, sboccati, violenti. Attraverso di loro racconta continue esperienze sessuali, di tutti i tipi, di tutti i generi. E lo fa usando un linguaggio esplicito, senza ornamenti. Per la crudezza, la vividezza e l’immediatezza di certe immagini negli Stati Uniti comincia un processo per oscenità.

Lo scandaloso Tropico del Cancro, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1934, in America viene censurato per quasi trent’anni – solo nel 1961 la Grove Press lo dà alle stampe, dopo l’assoluzione di Miller in seguito alla revisione delle leggi statunitensi sulla pornografia. “Tutti dicono che il sesso è osceno, l’unica cosa davvero oscena è la guerra”, ribatte Miller a chi lo accusa di essere lo scrittore più osceno del mondo. La verità è che Miller osceno lo è davvero. Ma non per i riferimenti espliciti al sesso selvaggio che la sua autobiografia – torrida e sensuale – contiene. Non perché parla di puttane e di pidocchi. Ma perché le sue pagine prorompono di vita – estrema. Il suo è un pensiero desiderante, che non si appaga mai e che genera altro desiderio tendendo all’infinito.

Le sue pagine sono insudiciate dalle più tremende bassezze e purificate da brani lirici e sognanti. Lì, dentro il ventre, nell’utero, è racchiuso l’impulso vitale. “Sono senza denaro, senza risorse, senza speranze. Sono l’uomo più felice del mondo. Un anno fa, sei mesi fa, pensavo di essere un artista. Ora non lo penso più, lo sono. Tutto ciò che era letteratura mi è caduto di dosso… Questo non è un libro… lo canterò per voi, un po’ stonato forse, ma canterò. Canterò mentre voi gracchiate.” Senza un solo riferimento al sesso, sono queste parole di Miller a suonare davvero oscene.

Così sfacciato, scurrile, surreale, ma indicibilmente sincero. Difficile, a tratti quasi disturbante. Amorale, come dice Orwell: dunque senza condanna, per cui non serve perdono. Nell’utero siamo liberi di essere.

In Italia Tropico del Cancro esce per la prima volta nel 1962, in maniera non ufficiale. Feltrinelli fa risultare il libro come stampato in Francia, usa il marchio prestato da un editore svizzero e riporta in terza di copertina l’avvertenza: “Questa edizione è destinata al mercato estero; l’editore ne vieta l’importazione e la vendita.” Il volume, in realtà stampato a Varese, inizia a circolare sotto banco. Nel 1968 Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno vengono definitivamente dichiarati non perseguibili in Italia.



La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE