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Studenti in Dad davanti le scuole per protesta

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È stata definita “generazione Z”. O generazione Dad. C’è chi l’ha etichettata “Generazione Interrotta”, a causa della pandemia. Eppure, nessuna definizione li ricomprende tutti: sono loro, gli adolescenti. Un universo sommerso, poco ascoltato, gonfio di sfumature, sensibilità, incertezze. E sogni. Anche contraddizioni, per carità. Eppure.

Secondo un sondaggio condotto nella community on line di partecipazione giovanile noisiamofuturo.it, ideata da Fulvia Guazzone, imprenditrice e creatrice del Festival dei Giovani, l’83,5% dei ragazzi in età fra i 16 e i 19 anni è consapevole delle conseguenze del Covid-19. Oltre sette su dieci adolescenti temono di poter essere contagiati e di poter trasmettere il virus ad anziani e persone deboli e il 97% degli intervistati è rimasto a casa durante il lockdown.

Gli episodi di spregio delle regole, di botte fra bande e tutti quei comportamenti prevaricatori che fanno notizia, non sono dunque minimamente rappresentativi di una generazione che più di ogni altra “chiede di essere ascoltata”. E che nel futuro, “fortificata dall’esperienza della pandemia, in cui ha dovuto affrontare importanti cambiamenti, si ritroverà ad essere sarà la migliore generazione dopo tanti anni nei quali i fratelli maggiori che li hanno preceduti erano meno centrati su aspetti valoriali, come la tutela del pianeta, l’integrazione, l’attenzione ai più bisognosi. Giovani che sono desiderosi di eroi, figure carismatiche come il Capo dello Stato,

Sergio Mattarella, visto come il nonno, a volte severo, o Papa Francesco” – dice Fulvia Guazzone. Il suo libro “Ascoltami. La generazione Z e il dialogo del mondo adulto”, nato per raccontare le esperienze dei numerosi incontri, sia on line che in presenza, quando era possibile, che da anni l’imprenditrice conduce con i giovani delle scuole di tutta Italia, è uno spaccato del dialogo con gli adolescenti “prima” e “durante” la pandemia.

La paura del virus ha fatto emergere, durante l’isolamento forzoso, l’urgenza ancor più stringente di riconoscere modelli di riferimento negli adulti, non solo i cantanti e i loro beniamini, ma i nonni, gli insegnanti e ancor più i genitori, di cui hanno apprezzato in modo inaspettato la vicinanza, rivelata nel 75% dei casi. Una condivisione che forse avrà aiutati gli adolescenti a capire maggiormente lo stato d’animo e le difficoltà in famiglia. Prima della pandemia circa un ragazzo su due, il 46%, dichiarava di non sapere se i genitori fossero felici. E alla domanda su cosa pensassero potesse rendere loro stessi felici, da adulti, la maggior parte aveva risposto “una famiglia e un lavoro soddisfacente”. La felicità, appunto.

Se prima del Covid, secondo un sondaggio di noisiamofuturo.it, condotto su circa 5 mila ragazzi fra i 15 e i 19 anni, per un adolescente su due la cosa che bruciava più di ogni altra era che nessun adulto avesse mai chiesto loro “sei felice?”, durante la pandemia il registro delle priorità è stato integrato da nuove urgenze, come documentano ancora una volta sia il sondaggio più recente di noisiamofuturo.it, sia l’indagine conoscitiva condotta da Ares – Augmented for Education at School e dall’Arsda – Associazione Ricerca Studi Disturbi alimentari.

I dati diventano sostanza accostandoli a quegli scampoli di vita vissuta dagli adolescenti, nel momento in cui, spiega Fulvia Guazzone, “attraverso quelle camerette intraviste, fatte di letti disfatti, poster urlati e ingenui, disordini anarchici e ordini vagamente maniacali, pigiami e tute, strumenti musicali e peluche, panini lasciati a metà e merendine”, i giovani hanno raccontato le loro quarantene durante il Covid, con una partecipazione ancor più assidua e colorata dei ragazzi del Sud: innumerevoli i collegamenti dalle scuole di Napoli, Nola, Caserta, Salerno. Ed eccole, le loro storie. C’è Ilaria, che racconta la solitudine di quei giorni di paura a casa con la mamma chiusa in camera con la tosse e la febbre alta e il papà ricoverato in ospedale a Bergamo, nei giorni della prima ondata pandemica del Covid. C’è Luca, che quando i suoi genitori uscivano la mattina per lavoro provava una solitudine infinita, con l’unica finestra sul mondo aperta dalle lezioni in Dad e l’impazienza del rientro di mamma e papà a casa.“ Non lo sentiti mai così vicini” – dice. C’è Greta, due genitori in cassa integrazione, casa di 70 mq in periferia dove, dice con rabbia, ha vissuto “come in carcere senza sapere la data del rilascio”.

Niente router per Internet e una cameretta condivisa con la sorellina. E poi, Annalisa e Massimo, stessa classe, che si sono fidanzati durante la Dad. Prima non si erano accorti di quanto si piacessero. Storie uniche, tenere, bellissime, arrivate a migliaia, da tutto lo Stivale, che hanno continuato a vivere con i post pubblicati e diventeranno, domani, un altro tipo di racconto, dice l’imprenditrice piemontese innamorata di Gaeta e del Mezzogiorno.

Sono cambiate tante cose, per questi ragazzi. Durante la Fase 1, nel 2020, al 50% degli adolescenti sono mancati baci e abbracci, al 21% fare sport, al 20% frequentare pub e discoteche. Se il 25% dei ragazzi si è sentito solo e abbandonato durante il lockdown, quasi il 70% si è mostrato preoccupato per la perdita delle lezioni frontali.

Tuttavia, soltanto uno su quattro ha mostrato interesse nel poter recuperare nei mesi estivi la parte di anno scolastico persa. Chissà che percentuale sarebbe se fossero intervistati oggi. Secondo l’indagine Ares – Arsda il 56,2% dei ragazzi si è detto preoccupato che questo periodo possa influenzare negativamente il percorso scolastico. Tuttavia, otto giovani su dieci hanno imparato a organizzare diversamente il proprio tempo, dedicandosi alle proprie passioni e scoprendo nuovi interessi. E oltre sei su dieci reputano che l’esperienza pandemica abbia portato dei cambiamento profondi nella propria vita.


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