X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

Olimpo, i ruoli del clan La Rosa e di Gregorio Giofrè, per il pentito Mantella “il ministro dei lavori pubblici della ‘ndrangheta vibonese”

IMPRENDITORI messi sotto estorsione e costretti a pagare per ottenere protezione dai clan. E di storie simili ve ne sono molte raccontate nell’ordinanza a firma del gip Chiara Esposito relativa all’operazione “Olimpo”. Come quella di Bruno Iannello, soprannominato Mugnolo, che stando ad una dialogo tra i fratelli Antonio e Francesco La Rosa e il padre Domenico, aveva deciso non pagare più loro preferendo Gregorio Giofrè, alias “Ruzzu”, (ritenuto esponente di punta del clan di San Gregorio).

SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SULL’OPERAZIONE OLIMPO

L’ANALISI DEI LA ROSA SUI FATTURATI DELLE VITTIME PER IMPORRE LA TANGENTE

Nella conversazione Tonino La Rosa considerava preliminarmente l’importo del fatturato dichiarato da Iannello, sul quale applicaVa una percentuale al fine di calcolare la somma da corrispondere. I dialoganti commentavano, inoltre, il fatto che l’imprenditore, attivo nel campo delle forniture in questo caso di carta igienica anche al Rocca Nettuno, tendesse a sottostimare il fatturato o a non rispettare la percentuale da applicare, non corrispondendo in tal modo le somme dovute l’anno precedente.

DOMENICO: “Chi era questo Mugnolo?”…
TONINO: “uno di Rocca! … e ogni anno glieli dava ad Alessandro o  a le … e mò perché glieli hai dati a Ruzzu? “;
Francesco: “ha detto… io ho fatturato… centomila euro… ha detto… fa il furbo ogni volta questo… eh… “;
Tonino’: “siete rimasti il cinque per cento.., il cinque per cento sono cinquemila … perché adesso glieli ha portati a Ruzzu? … Ogni anno ce li portava a noi … eh… neanche…  ma dopo la rifila ogni anno che ci porta sempre di meno, no…”;
Francesco: “E quest’anno ho fatturato poco… solo centomila ha detto… “;
Tonino: “eh se l’altro hanno ci ha dato mille  e cinque … così mi pare che l’anno scorso… mille e cinque o duemila ha portato… tuo figlio… l’altro anno ne ha fallo di più? […]
Francesco: “Eh… centomila euro… “;
Tonino: “Centomila euro di carta …
Francesco … di carta inc.le non è che vendo oro… Carta igienica…”;
Tonino: “Carta igienica, lo sai quant’è? l’ha riempita Tropea … con centomila euro di carta… inc.le… quanto ne porta lì non le porla a tutta Tropea…”.

LEGGI ANCHE: Operazione Olimpo, il clan La Rosa e le mani sulle attività turistiche

Un altro imprenditore costretto a piegarsi anziché denunciare è stato Raffaele Corigliano, attivo nel settore alimentare e nei Monopoli di Stato, e in questo caso le somme che sarebbero state elargite avrebbero avuto maggiore entità.

OPERAZIONE OLIMPO, I LA ROSA E IL RUOLO DI GIOFRÈ

Le indagini di questa parte dell’operazione Olimpo sono partite da una conversazione intercettata il 23 novembre 2018, tra Antonio La Rosa e Giofrè. Quest’ultimo confidava al primo di aver rimproverato Corigliano – fornitore dell’Hotel Rocca Nettuno – di essersi lamentato, “nel timore di essere tagliato fuori dalle forniture dell’hotel per la presenza di un altro concorrente, alla richiesta del Giofrè di corrispondere 10.000 euro alla cosca”.

Quest’ultimo riferiva, inoltre, di aver riportato all’imprenditore che Antonio La Rosa si era rammaricato del suo comportamento, considerato anche che nel corso della stagione lo stesso Giofrè si era recato dall’imprenditore per sincerarsi del fatto che lo stessero chiamando per le forniture, al fine di scongiurare una sua esclusione, e che tale verifica aveva sortito esito positivo.

LEGGI ANCHE: Olimpo, la tentata estorsione alla Kernel: «Voglio 5mila euro l’anno»

La Rosa precisava poi che il fratello Francesco era stato invitato dall’imprenditore a passare la settimana successiva per prelevare una cifra a titolo estorsivo, constatando di aver ricevuto meno delle annualità precedenti.

L’operazione, dunque, sarebbe stata portata a termine da Francesco La Rosa, unitamente a Francesco Taccone ed a Francesco Gargano. I tre, alle ore 11:25 del 24 novembre vennero sottoposti a controllo da un equipaggio della Volante della Questura di Vibo Valentia. Gargano fu trovato in possesso di 1.500 euro in banconote da 50. Denaro di cui giustificava il possesso in funzione di un prossimo acquisto di nuovi pneumatici per la propria autovettura.

Ma nella successiva conversazione intercettata tra i La Rosa, Antonio, Francesco e Domenico, si evinceva che il contante trovato nella disponibilità di Gargano traeva origine proprio dalla consegna perfezionata dal Corigliano e che si trattasse solo di una quota. Alla fine della conversazione Tonino si sarebbe riservato di inviare all’imprenditore il fratello Francesco allo scopo di prelevare ulteriori 1.000 euro.

SECONDO IL GIP RISULTANO EVIDENTI I REATI DI ESTORSIONE

Per il gip, anche in questo caso vi sono gli estremi del reato di estorsione pluriaggravata. «L’attività intercettiva ha dato piena contezza della perpetrazione di un atto intimidatorio in danno di Corigliano, finalizzata a costringere quest’ultimo ad inviare il denaro promesso. Si tratta di una condotta di minaccia, seppure deducibile solo in via implicita dalle propalazioni intercettate, attraverso la quale gli odierni indagati hanno voluto imporre all’imprenditore di versare loro una percentuale del proprio fatturato. La parte offesa, infatti, nella sua qualità di imprenditore nel settore alimentare ed in quello dei monopoli di Stato, veniva costretta a versare, nel corso degli anni, una tangente commisurata ad una percentuale del fatturato annuo, pari all’importo di 15/20.000,00 euro l’anno”.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE